Cronaca

Sorpresa Sicilia: al centro della “sfida dell’energia”

L’isola potrebbe diventare la punta di diamante del Piano Mattei con i terminali di metano e idrogeno, cantieri specializzati anche sulla difesa e sulla “marittimità”

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Circa una settimana fa da queste colonne (come si diceva un tempo riferendosi ai quotidiani stampati) avevamo individuato nella Sicilia la più importante soglia del fronte di una nuova Guerra Fredda già caratterizzata da una crescente presenza russa nei principali Paesi del Nord Africa.

Anticipando alcune deduzioni e conclusioni del progetto sulla marittimità al quale il Seacs (Centro Giuseppe Bono) sta dedicando da mesi risorse e attenzione, non è solo la vicinanza alle coste africane e al Medio Oriente a determinare naturalmente un ruolo chiave dell’isola nei nuovi equilibri geopolitici ma anche economici dell’area.

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Avevamo anche sottolineato come la “soglia di Sicilia”, sia destinata a diventare il  terminale del corridoio centrale europeo, quello n.2 che comprende anche l’energia, ergendosi ancora di più a punto critico per la sicurezza nazionale e fragile, quanto i confini terrestri nordorientali della UE, quanto il Baltico ed il Golfo di Finlandia

Una sicurezza nazionale, come quella della stessa Europa, che si giocherà sempre di più sul mare (e l’amministrazione Trump lo ha compreso perfettamente) in termini di rifornimenti e commercio con una marittimità, in cui il peso dell’Italia potrebbe risultare determinante in un riequilibrio della difesa e quindi del potere e della credibilità prima della UE (e della NATO) e poi globali.

Nel progetto sulla marittimità del Seacs (che idealmente si ricollega al Piano del mare, alla istituzione del Ministero del mare affidato a Nello Musumeci, e al Piano Mattei, nonché in chiave critica al Libro Bianco della difesa europea), a fianco allo sviluppo di un dispositivo di difesa Sicilia-centrico in quanto componente essenziale di una “politica degli Stretti” e di vigilanza sui choke points del traffico marittimo.

Ebbene il primo tema, anche quando si parla di difesa europea, dovrebbe riguardare l’energia. Perché l’Italia, ma anche l’Europa, non hanno energia sufficiente e anche le farneticazioni del green deal stanno venendo a galla dimostrando che… il re è nudo. E proprio  la Sicilia potrebbe fornire tante risposte non necessariamente condannabili a priori anche perché sarebbe sufficiente citare il Piano Bersani del 2009 per riportare a galla il tema delle trivellazioni congelate, ma anche dei terminali per il metano e per l’idrogeno, persino le pale eoliche; ma specialmente quella cantieristica e quella impiantistica che nella manutenzione degli impianti e delle nuove tipologie di navi potrebbero trovare una clamorosa motivazione economica.

La Hydrogen Valley, il terminale di Augusta per le navi metaniere, si collegano armonicamente con gli obiettivi di un Piano Mattei che – come è evidenziato nel progetto – trova la sua motivazione più autentica nell’energia (idrogeno, metanolo, ammoniaca), ma specialmente nella marittimità. Con un metano che – secondo la IEA – avrà ragione di esistere almeno per altri 40 anni e con un idrogeno che cerca e trova soluzioni di trasporto efficienti a patto che si capisca (come stanno facendo gli americani) che è necessaria una cantieristica nazionale alternativa a quella tradizionale focalizzata su navi da crociera e in parte per le grandi unità militari, nazionali ed alleate.

La Sicilia diventa anche l’hub ideale per il controllo e la gestione delle infrastrutture critiche, con i mezzi destinati ai lavori subacquei di controllo delle reti ma anche della sismicità delle aree italiane.

Interrompere la spirale dell’energia ad alto costo

La Sicilia si configura, oltre che come soglia del fronte sud, anche come carta vincente sullo scenario geopolitico, per l’insediamento di attività industriali e produttive e per una rivoluzione nel prezzo dell’energia (oggi fissato in Olanda su valori tanti alti da non avere riscontro di mercato), quando il GNL americano a prezzi più convenienti, una flotta non dipendente dallo strapotere greco, e una interconnessione con il mercato di Houston, potrebbe produrre proprio in una Sicilia (resa più libera dalle zone economiche speciali) joint venture sul modello di quelle realizzate da giapponesi e americani per la gestione di terminali energetici.

Una partita complessa, certo, che richiede una regia coordinata, disponibilità di dati, un rapporto fra interessi di difesa e interessi economici e produttivi, con un obiettivo nel mirino: caricare di contenuti concreti un Piano Mattei che potrebbe trasformarsi nella chiave di lettura per un nuovo Mezzogiorno.

Bruno Dardani, 10 aprile 2025

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