Ma la cartina di tornasole si trova a pagina 110 della Nota di aggiornamento del Def: due capoversi, pare, suggeriti dal capo di gabinetto del ministro dell’Economia Daniele Franco, Giuseppe Chinè, consigliere di Stato figlio di un influente e temuto democristiano calabrese di Bovalino, che si è fatto le ossa con il leghista Roberto Calderoli e poi con Beatrice Lorenzin e ora sguazza anche nel mondo del calcio. Lì è messa nero su bianco l’incapacità del Governo di portare a casa le opere del Recovery Plan. È scritto che per la realizzazione delle 24 linee di investimenti previste serve “l’adozione di atti di normativa primaria e secondaria o di atti amministrativi diretti a disciplinare specifici settori da cui dipende l’utilizzabilità di risorse finanziarie dedicate per linee di intervento”: vale a dire che le opere non si realizzano ma si disegnano solo sulla carta.
E, come se non bastasse: “Il governo punta ad inviare la prima rendicontazione relativa al Pnrr entro il mese di gennaio 2022”. Una data sospetta e in ritardo, guarda caso proprio a ridosso della scadenza quirinalizia. Super Mario potrà così presentarsi all’appuntamento per il Colle con tutte le sole scartoffie burocratiche in regola. E così via, passando per strade, ferrovie, porti e progetti più o meno green che per il momento stanno arricchendo solo progettisti ed avvocati. Per gli investimenti veri, chi vivrà vedrà.
Luigi Bisignani, Il Tempo 3 ottobre 2021