Spano ora accusa la “destra omofoba”. Ma ad abbatterlo è stata Report

L’ex capo di gabinetto di Alessandro Giuli rivendica la correttezza del contratto del marito. E poi la butta sull’omofobia. Ma…

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Spano report

Francesco Spano, ex Capo di Gabinetto di Alessandro Giuli, durato al suo posto il tempo di un “amen”, rompe il silenzio. Lo fa con Repubblica. Ma sbaglia mira: anziché prendersela con chi l’ha di fatto costretto alle dimissioni, ovvero le anticipazioni di Report, punta il dito contro “la destra omofoba” che stavolta, al netto di qualche mugugno dei pro-vita e un sms sguaiato in una chat di Fdi, non c’entra un fico secco.

Partiamo dai fatti. Spano nega di aver firmato il contratto al marito Marco Carnabuci, che in effetti era al Maxxi da prima che arrivasse Spano: “Non sono intervenuto in nessuna fase di valutazione e aggiudicazione della fornitura”, dice l’ex capo di gabinetto che nega conflitti di interessi. “Si chiarirà tutto quanto prima. Credo che ci sarà a breve una verifica, che anche io ho chiesto in prima persona. Ma ripeto: non ho preso parte alla scelta. È stata aperta una procedura pubblica e se ne è occupato l’ufficio legale”. Insomma: c’è stata una gara pubblica, sono state vagliate tre o quattro offerte e alla fine è stato scelto il professionista che da tempo lavorava per il Maxxi. Niente di scandaloso, su questo sito lo abbiamo detto e ridetto. Se c’è qualcuno a cui deve dirlo, quello è Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, che da due giorni lancia pizzini in vista della trasmissione di domenica. Perché prendersela con “la destra omofoba”?

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Spano sostiene di essersi dimesso “perché non era più possibile lavorare in questo contesto”, viste le lamentele sorte non appena è stato scelto al Ministero della Cultura. “Sono finito in un tritacarne politico ingiusto e ingiustificato”, spiega. E poi la butta in caciara: è stato vittima di un attacco omofobo di destra? “Mi sembra evidente che la reazione che si è scatenata e che ha portato alle mie dimissioni vada ben oltre la questione del contratto da consulente”.

Ovviamente Spano sa che le lamentele interne a FdI per la sua nomina non riguardavano la sua omosessualità. Ma il fatto che fosse finito in uno scandalo quando dirigeva l’Unar, l’ente anti discriminazioni di Palazzo Chigi, pizzicato dalle Iene ad aver assegnato un finanziamento da 55mila euro ad una associazione di cui Spano era socio e nei cui circoli si praticava sesso a pagamento. “Se io avessi commesso qualcosa di sbagliato sarebbe emerso“, si difende lui rivendicando una “casella giudiziaria immacolata” e il fatto che “la Corte dei Conti non ha riscontrato alcun danno erariale”. Vero, ma Spano dimentica di ricordare di aver perso la causa per diffamazione contro le Iene, che dunque qualcosa di vero l’avranno pure raccontato.

La questione era politica: la sua nomina al Mic, per quanto si tratti di un tecnico, stonava col fatto che a chiederne le dimissioni nel 2016 fu proprio quella Giorgia Meloni che oggi guida il governo. “Sono finito in un tritacarne fuori misura – lamenta Spano – I Pro vita hanno fatto le loro valutazioni. Io le rispetto. Posso capire le critiche alle mie scelte di vita, non pretendo che tutti la pensino come me o vivano nel mio stesso modo. Ma non mi aspettavo un attacco alla mia vita privata e alle mie scelte. Io sono per educazione, anche per educazione cattolica, una persona tollerante nei riguardi di chiunque”.

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