“Sparare ai giornalisti”. Cosa c’è di vero dietro la frase di Donald Trump

A un giorno dall’apertura delle urne negli Usa, i toni non possono che scaldarsi. Ma chi lo addita come dittatore farà il suo gioco

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Trump giornalisti

“Non mi dispiacerebbe se qualcuno sparasse ai giornalisti”. Semplificando (così viene riportata dai media ostili la frase), in questo modo si è espresso Donald Trump nella assai probabilmente decisiva Pennsylvania durante un recentissimo comizio. E non è che questa sia la prima volta – per carità, tutt’altro – nella quale il tycoon usa frasi decisamente forti, truci, trattando di persone o di categorie, di atteggiamenti.

Nella campagna 2016, arrivò ad affermare che se avesse sparato in una pubblica via non avrebbe perso un voto (dentro di sé convinto, anzi, che ne avrebbe guadagnati). Immediate e martellanti, ad indicarne gli istinti ferini e l’antidemocrazia di fondo, le apparentemente generali (il New York Times, tanto citato, rappresenterebbe l’America? Negli spesso decisivi ‘Flyover States’ qualcuno lo leggerebbe? Per carità!) reazioni, allarmate e allarmanti.

Esaminando con il necessario distacco, tenendo naturalmente conto del clima e dei precedenti, l’accaduto e le reazioni, che dire?

Soprattutto e pressoché definitivamente, che sia Trump che Harris, inclusi i loro sostenitori, politici e mediatici, si stanno comportando secondo copione.

Nulla di nuovo, cioè.

Di sorprendente.

L’ex inquilino della Executive Mansion – come invariabilmente deve fare ogni politico che cerchi consenso – si esprime pubblicamente usando le parole forti che ritiene gradite dai propri sostenitori (definiti deplorevoli da Hillary Clinton e spazzatura da Joe Biden) che deve galvanizzare.
Parole, pensa, comunque altresì capaci di convincere almeno parte degli indecisi.

Nel mentre, non tiene quasi conto delle reazioni dei rivali.

Quasi, perché di contro può capitare – e Trump conosce perfettamente il giro del fumo – che non pochi al momento meno propensi elettori si convincano proprio reagendo a suscitate critiche ritenute politicamente corrette, liberal, radical chic, elitarie, espresse con la puzza sotto il naso…

Nel gioco delle parti, Harris e compagnia cantante, additando il reprobo vero dittatore in nuce come immancabilmente conferma il suo dire, parlano ai propri adepti con l’occhio a loro volta rivolto agli indecisi.

In vista dell’apertura dei seggi (tanto attesa e in realtà di elezione in elezione meno importante, meno decisiva, visto il fortissimo aumento del voto anticipato e postale), i toni non possono che inasprirsi specie se le parti in causa pensano di giocarsi tutto sul filo di lana.

Situazione che occorre sperare non si verifichi per evitare in un Paese diviso in due lunghi momenti di conflittualità ulteriormente esacerbata.

Mauro della Porta Raffo, Presidente onorario della Fondazione Italia USA

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