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Speranza, Di Maio, Lamorgese: la galleria degli orrori del governo Draghi

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Se Dio vuole, questo governo di pasticcioni va a casa. Pasticcioni con una sottile vena eversiva, devo dire. Perché, ditemi voi, come diversamente chiamare le variazioni apportate agli articoli 9 e 41 della Costituzione. Ma come, la Costituzione definita la più bella del mondo – e quindi, per definizione, virtualmente intoccabile – che viene modificata così, in quattro e quattr’otto, su proposta di tale Enrico Giovannini, eletto da nessuno, approvata da un governo di eletti da nessuno, e da un Parlamento senza che nessuno dei partiti di governo ne avesse fatto oggetto di proposta elettorale. Ditemi voi se non c’è un retrogusto d’eversione. Ma torniamo ai pasticcioni.

Roberto Speranza, un nome una garanzia: la speranza è l’ultima a morire, cioè tutto muore prima. Soprattutto di Covid: per milione d’abitanti sono, a oggi, 2800 in Italia, e questo dopo ferrei lockdown e una campagna vaccinale senza pietà. In Svezia, dove hanno continuato a vivere come se il Covid non esistesse (e hanno fatto male), i morti per milione d’abitanti sono 1800; mentre sono meno di 500 in Corea del Sud ove, per contagi e decessi, cominciavano come noi nel febbraio 2020. Pagherà mai dazio, Roberto Speranza?

Luigi Di Maio non richiede presentazioni, anche perché nel suo biglietto da visita non sta scritto nulla. Falliti gli studi, prima d’ingegneria, poi di giurisprudenza e, infine, di scienze politiche, il giovanotto s’è buttato in politica. Gli è andata bene. A lui. A noi malissimo. Come il suo collega alla Salute parla con una prosopopea come fosse un Silvio Garattini, con medesima prosopopea Di Maio si atteggia a Winston Churchill. Rammentare le perle che ci ha regalato, come fossimo porci, negli ultimi quattro anni è superfluo: basta segnalarne una degli ultimi quattro giorni. Quella che senza Mario Draghi avremo più siccità l’ha già segnalata, non senza sbigottimento che lo lasciato quasi senza parole il direttore Maurizio Belpietro. Io segnalo quella secondo cui senza il sunnominato può dirsi addio al tetto del prezzo del gas. Questa colossale panzana può raccontarla solo ai suoi sostenitori grillini, che fan tenerezza per la loro sprovvedutezza.

In primo luogo, non si capisce perché mai il successore del sunnominato, chiunque esso sia, non possa perseguire la geniale proposta. In secondo luogo, la proposta non è geniale, ma è una sesquipedale sciocchezza, tanto improbabile è che si realizzi. Ed è improbabile perché vìola non già le elementari regole del mercato (spiegazione che non vale perché chi vende il gas è fuori dalla Ue), ma perché vìola il cinismo ammantato di buoni propositi sui quali si fonda questa Ue. In tempi in cui l’accaparramento alle riserve di gas è diventato una corsa a ostacoli con imbarazzanti sgomitate, chi ha maggiore disponibilità (cioè quasi tutti, rispetto a noi) non ha alcuna intenzione di perdere l’occasione di concorrere avvantaggiato contro chi ha minore disponibilità (cioè noi, che siamo dietro a quasi tutti).

Di Luciana Lamorgese rammento solo i poliziotti che, infiltrati tra i dimostranti, stavano a misurare la resistenza oscillatoria dei furgoni della squadra celere; e rammento le cannonate d’acqua gelida contro triestini che, in ginocchio e col rosario in mano, imploravano che fosse cancellata la vergogna del greenpass. Almeno a Elsa Fornero vennero giù le lacrime dopo che aveva preso provvedimenti non meno crudeli.

Che dire di Mario Draghi? Personalmente su Draghi presidente del consiglio stenderei il pietoso velo. Come dimenticare «se non ti vaccini, uccidi»? E «o l’aria condizionata o la pace»? E al contempo promuovere l’auto elettrica. Ma lasciamo perdere e poniamo solo una domanda: se Supermario è veramente l’uomo che vogliono gli italiani come sbraitano quelli del Pd, perché non si va a votare a settembre con lui candidato premier di costoro? Facile, no?

Franco Battaglia, 19 luglio 2022