Darya Dugin è morta bruciata all’interno della sua auto, nei pressi del villaggio di Velyki Vyazomi, alla periferia di Mosca, mentre tornava a casa da un evento. Era la figlia del “Rasputin di Putin”, come qualche giornale italiano ha definito Alksander Dugin, l’ideologo dello Zar. Dalle notizie apprese il protagonista di quello che sembrerebbe un attentato doveva essere il padre che all’ultimo momento, invece di salir in macchina con la figlia, ha deciso di recarsi allo stesso evento con un’altra macchina.
Se è vero che il Dugin profeta di Putin può essere considerato un personaggio discusso, soprattutto negli ultimi tempi, è vero anche che a perdere la vita è stata una giovane donna di trent’anni. La pista che in queste ore gli inquirenti stanno seguendo è appunto l’attentato e, stando a quanto riporta il The Guardian, diversi dirigenti filo-Cremlino stanno accusando Kiev di averne commissionato l’omicidio, evidentemente mancando l’obiettivo prescelto e cioè il padre.
Mosca ha aperto già un’indagine sui quali gli investigatori stanno lavorando per ricostruire la dinamica della tragedia. Da quanto emerso fino ad ora, come riporta la Tass, gli stessi inquirenti del Dipartimento investigativo della capitale russa sembrerebbero affermare – dai primi accertamenti – che sulla Toyota Land Cruiser, guidata dalla giovane, fosse stato piantato un ordigno esplosivo.
Lasciando le indagini ai professionisti e le strambe teorie a complottisti ed esaltati, ciò che stupisce – in negativo – è quanto riportato oggi dall’Unian che rappresenta una delle più famose agenzie di stampa del paese. Una sorta di Ansa ucraina. Nel suo canale Telegram, infatti, l’agenzia “esulta” per la morte della ragazza addirittura “maledicendola” e sostenendo il ripetersi di azioni simili.
“Anche Aleksander Dugin, il consulente per la propaganda di Putin, avrebbe dovuto salire sull’auto esplosa – si legge nella nota diffusa sui social – ma all’ultimo momento è salito su un’altra macchina. Sua figlia è morta nell’esplosione. La mela è caduta molto lontano dall’albero: ha continuato gli affari di suo padre, propagandando l’ideologia del mondo russo e giustificando la guerra contro l’Ucraina”. E ancora: “La terra è vetrosa e speriamo che presto papà si unisca a lei all’inferno”. Per noi italiani l’affermazione “la terra è vetrosa” – traduzione letterale – non ci dice niente, ma in Ucraina è il classico modo di maledire le persone che non ci sono più: l’esatto contrario del nostro “che la terra ti sia lieve”.
A prescindere dalle posizioni politiche e le ideologie, leggere parole del genere dai media istituzionali ucraini lascia sicuramente sbigottiti. Sono forse questi valori “europei”? Sono forse queste le basi su cui l’Ue lavora per accogliere dell’Ucraina? Ci sentiamo in linea con questi sentimenti di odio che sorpassano anche la morte di una giovane donna? Su questo, forse, i nostri leader dovrebbero fermarsi a riflettere.
Bianca Leonardi, 21 agosto 2022