Fawzia, questo il nome trapelato ma che sicuramente è di fantasia per proteggerla, è una ragazza yazida rapita dall’Isis in Iraq e portata nella Striscia di Gaza quando aveva solo 11 anni.
È stata una delle spose bambine di cui si parlò negli anni passati, notizia poi passata subito nel dimenticatoio nonostante in Occidente arrivarono anche fotografie di gruppi di coppie formate da uomini maturi e ragazzine poco più che adolescenti che si sposavano in un’unica cerimonia.
Fawzia è stata costretta a sposare un terrorista di alto grado di Hamas e per oltre dieci anni è stata trattenuta contro la sua volontà.
La giovane donna, oggi ventiquattrenne, nei giorni scorsi si è avvicinata a dei militari israeliani impegnati nelle operazioni nella Striscia di Gaza. Si è fatta riconoscere e parlando in inglese con uno degli ufficiali ha chiesto aiuto per tornare dalla sua famiglia in Iraq.
Dopo i dovuti accertamenti e le visite mediche è stata trasferita in una struttura americana prima di tornare dalla sua famiglia in Iraq alla quale si è riunita dopo 10 anni di schiavitù.
Questa tragica vicenda dal finale agrodolce apre molti interrogativi: possibile che nessuna delle organizzazioni internazionali da anni presenti sul territorio non abbiano mai capito la situazione in cui la giovane donna si trovava? Perché Fawzia non ha mai chiesto aiuto all’UNRWA? Non sarà forse perché sapeva perfettamente quanto l’agenzia dell’ONU fosse ammanicata con Hamas?
Ma soprattutto: perché la notizia della sua liberazione da parte israeliana non appare sui media con il giusto risalto che meriterebbe? E quante sono le ragazze rapite che hanno fatto lo stesso percorso e che non hanno avuto la fortuna di incontrare i militari israeliani? Non è dato sapere perché nel mondo dell’informazione i cattivi sono sempre cattivi, e i buoni rimangono buoni anche se fanno le peggiori porcate.
Il portavoce dell’IDF ha informato che Fawzia Amin Sido è stata rapita quando aveva solo 11 anni da agenti dell’organizzazione “Stato Islamico” in Iraq – ed è stata trasferita a un agente di Hamas nella Striscia di Gaza, ucciso diversi mesi fa in un bombardamento aereo. Questa settimana, la giovane donna è stata salvata dalla Striscia dopo essersi nascosta in un nascondiglio – ed è tornata a casa sua, in collaborazione con l’ambasciata americana in Israele. Ha passato il confine a bordo di un’auto del corpo diplomatico americano in Fiordania dal valico di Allenby e da lì in Iraq sempre scortata dagli Usa fino al suo villaggio di provenienza dove ha potuto riabbracciare la famiglia.