Fine emergenza mai

Spunta il paziente “Covid centauro”

Tornano gli allarmisti sul coronavirus, in Italia restano le mascherine e ora dobbiamo fare i conti con “nuovi” pazienti centauro

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Personalmente avverto da tempo la sensazione che non usciremo mai dal delirio sanitario basato sulla paura del Covid-19. Un delirio che ci impone di viaggiare, unici in Europa, con le mascherine Ffp2 fino al 30 settembre, con l’inevitabile conseguenza, vista la vicinanza con la stagione fredda, di doverne procrastinare l’obbligo ancora a lungo.

Ma non basta, malgrado l’evidente attenuazione nella patogenicità del Sars-Cov-2, che alcuni scienziati non allineati col dogma sanitario avevano ampiamente previsto attraverso il fenomeno del coadattamento, ora dobbiamo pure fare i conti con il cosiddetto paziente centauro. Ossia un soggetto ricoverato in ospedale per tutta una serie di motivi che non hanno nulla a che vedere con il Covid-19, ma che risultano positivi al tampone. Un fenomeno che era stato più volte segnalato da chi opera in prima linea negli ospedali italiani e che, con un virus oramai endemico, rischia di creare altro caos in aggiunta a quello determinato dall’aver trascurato tante altre patologie gravi, concentrando ogni sforzo nei riguardi di un virus che, il più delle volte, ha colpito in modo grave persone molto anziane e affette da altre gravi malattie pregresse. 

In tal senso non sembrano rassicuranti le parole di Giovanni Migliore, presidente della Federazione italiana delle aziende ospedaliere, la cui rete di ospedali-sentinella avrebbe “scovato” questo “nuovo” paziente centauro. Dice infatti Migliore: “Questa ondata di Covid è molto diversa dalle prime: grazie ai vaccini non siamo reclusi a casa e – finalmente – la gente esce, lavora e ha una vita sociale. Ma questo significa anche che tornano ad avere traumi o incidenti o che si ammalano come un anno fa, a causa della circolazione ridotta delle persone, non succedeva più. Questo ci richiede anche risposte diverse: se è vero che grazie ai vaccini abbiamo dimezzato ospedalizzazioni e terapie intensive occupate, è anche vero che la varietà dei pazienti Covid che vanno in ospedale ci obbliga a uno sforzo organizzativo maggiore . Oggi in ospedale arrivano pazienti Covid ‘classici’, cioè con patologia polmonare, pazienti non Covid che vanno seguiti e tutelati in percorsi ‘Covid free’ e pazienti positivi ma senza patologia polmonare, con altre malattie concomitanti – i “centauri”, per l’appunto – a cui va riservata un’organizzazione a se stante”. Secondo la stessa Fiaso questi ultimi rappresentano ben il 34% del totale dei soggetti positivi al Sars-Cov-2. 

Ora, chiunque abbia avuto a che fare con il nostro sistema sanitario in tempi normali si renderà conto che già con l’introduzione dei reparti Covid le cose si sono alquanto complicate per coloro i quali soffrono di molteplici altre malattie gravi. Tant’è che già nella primavera del 2020 la società italiana di cardiologia segnalava un aumento del 30% della mortalità legata alle problematiche cardiovascolari. 

Tuttavia, se dovesse passare l’idea di una ulteriore ripartizione, isolando in settori specifici tutti quelli che sono venuti in contatto con un virus oramai inarrestabile, la risposta sanitaria delle nostre strutture territoriali verrebbe ulteriormente appesantita, a tutto detrimento della salute generale. 

D’altro canto, se adottassimo questa linea per molti altri virus respiratori, tra cui quelli influenzali, i quali per i soggetti con la salute compromessa non sono meno pericolosi del coronavirus, la nostra tanto decantata sanità pubblica sarebbe rapidamente condotta al collasso.  Anche perché, sempre in tema di circolazione virale, con la percentuale di positività riscontrata in questi ultimi giorni, la quale sfiora il 20% dei tamponi eseguiti, senza tuttavia incidere sul dato fondamentale dei ricoveri, prima o poi ci si dovrà rendere conto che ogni misura per isolarci da questo ospite indesiderato, che è solo uno dei tanti, è destinata a fallire.

Claudio Romiti, 17 giugno 2022

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