L’attacco inusitato della Russia all’Ucraina rappresenta un vero e proprio elettrochoc per quella parte dell’Occidente che ancora prosegue con la guerra fasulla al coronavirus. Una guerra insensata che, tanto per cambiare, ci vede nel ruolo di capofila, soprattutto sul piano delle restrizioni, di cui molte ancora in piedi. Eppure, incuranti delle gravi conseguenze che il conflitto scatenato da Putin avrà sulla nostra economia di trasformazione, con aumenti esponenziali dei costi dell’energia e delle materie prime, i numerosi esponenti del partito dei talebani sanitari continua a frenare sulle già lentissime riaperture in atto.
A tale proposito mi ha particolarmente colpito l’intervento di mercoledì sera, durante Controcorrente in onda su Rete4, di Nunzia Di Girolamo, ex politica che da tempo svolge il ruolo di opinionista, nonché moglie del dem Francesco Boccia, altro talebano sanitario a denominazione controllata e garantita. Esprimendo totale dissenso con il modello scelto nel Regno Unito, in cui nei riguardi della pandemia si è puntato tutto sul senso di responsabilità dei cittadini, con pochissimi obblighi, l’ex berlusconiana ha attaccato pesantemente l’annuncio del premier Draghi circa la fine dello stato d’emergenza fissato per il prossimo 31 marzo.
Chiamando in causa Massimo Galli, onnipresente esponente del terrore virale in collegamento video, così si è espressa la Di Girolamo: “Il professore Galli ha detto una cosa giustissima: noi non siamo usciti dalla pandemia. Infatti, avrei chiesto a lui se è d’accordo sull’annuncio fatto da Draghi, riguardo lo stato d’emergenza. Perché io voglio sapere da uno che fa il professore, che conosce la sanità, che conosce le regole dello stato d’emergenza, che ha vissuto questa pandemia profondamente, se su quell’annuncio è d’accordo che è stato un po’ frettoloso.”
Ora, tralasciamo il fatto che un simile quesito rivolto a Galli, quello che negava l’evidenza dei numeri sugli asintomatici e che raccontava, smentito dai suoi colleghi di reparto, che il suo ospedale non sapeva dove mettere i malati di Covid-19, equivale a chiedere all’oste quanto sia buono il suo vino.
Ma insistere sul mantenimento di uno stato d’emergenza senza emergenza sostanzialmente da oltre un anno rappresenta un vero e proprio delirio, ossia un grave scollamento rispetto alla realtà. Realtà la quale, con circa 800 posti in terapia intensiva – meno del 9% – di persone positive al tampone, e con i reparti ordinari in rapido svuotamento sembra parlare una lingua assai chiara per chi ha ancora un minimo di senso critico.
D’alto canto, probabilmente in previsione dei grossi problemi che in parte stiamo già faticosamente affrontando a causa del citato conflitto in atto, lo stesso Mario Draghi ha ribadito la sua ferma intenzione di uscire una volta per tutte dallo stato d’emergenza. Per quel che ci riguarda, parlando a nome della piccola riserva indiana di aperturisti, ciò rappresenta appena il minimo sindacale.
Claudio Romiti, 25 febbraio 2022