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Stabilimenti balneari, perché sulla Bolkestein l’Ue sbaglia

L’Unione europea lamenta il mancato rispetto della direttiva Bolkestein, ma la concorrenza sugli stabilimenti già esiste

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di Carlo Zucchi

Nei giorni scorsi si è consumato il decimo anniversario della diatriba tra Italia e Unione europea relativa alla mancata liberalizzazione (o presunta tale) delle spiagge. Diatriba rinfocolata dalla recente decisione del Consiglio di Stato, che limita al 2023 la proroga delle concessioni balneari.  In particolare, l’Unione europea lamenta il mancato rispetto della direttiva Bolkestein, che prevede che le concessioni vengano periodicamente sottoposte a un’asta pubblica così da aumentare il grado di concorrenza di un settore in cui le concessioni si tramandano di generazione in generazione.

Bolkestein, perché l’Ue sbaglia

Del resto, sappiamo che l’Italia è paese assai allergico alla concorrenza e il più delle volte i rilievi mossi dall’Unione europea sull’argomento non sono privi di fondamento. Ma nel caso delle spiagge, la posizione dell’Ue mi sembra viziata da un approccio eccessivamente accademico e astratto, più da aule universitarie che da mondo reale. L’asta per le concessioni balneari è davvero lo strumento più adatto per favorire la concorrenza in questo settore? Dipende. Se si vuole analizzare quali sono gli strumenti più adatti a favorirla, occorre dapprima ricordare perché la concorrenza è una condizione desiderabile per il consumatore: perché laddove essa vige l’offerta di beni e servizi è maggiore e più varia, i prezzi sono più bassi e maggiore è l’efficienza. Pertanto, il focus deve essere sempre rivolto ai benefici dei consumatori, tenendo conto della struttura dei singoli mercati regione per regione.

Stabilimenti balneari, c’è già concorrenza

Per esempio, nella Riviera romagnola la messa all’asta periodica delle concessioni è uno strumento che si presta a più di un’obiezione, perché gli stabilimenti balneari sono tanti e contigui, e questo già li pone in concorrenza l’uno con l’altro. Se un villeggiante non si trova bene in uno stabilimento gli basta fare pochi metri per andare in un altro e se per molte persone vale lo slogan “stessa spiaggia stesso mare”, ciò non è dovuto a una rendita di posizione, ma al fatto che i bagnini italiani sono molto bravi a creare quel clima da piccola comunità che spinge i clienti a tornare, sia perché soddisfatti del servizio sia perché ritrovano gli amici con cui avevano trascorso felicemente le vacanze l’anno prima.

Mossa che disincentiva gli investimenti

In molte spiagge del litorale adriatico già da diversi anni sono sorte palestre, piscine e strutture di ogni tipo per il divertimento di famiglie e bambini e ogni stabilimento ha cercato di far meglio degli altri in un bellissimo esempio di dispiegamento concorrenziale. Chi auspica meccanismi rigidi come le aste per le concessioni, non tiene conto che investimenti importanti come piscine e idromassaggi richiedono certezze di lungo periodo nella proprietà e qualora queste ultime venissero messe in discussione l’effetto sarebbe quello di disincentivare gli investimenti o, nella migliore delle ipotesi, quello di cercare di rientrare dagli investimenti in tempi più brevi aumentando i prezzi.

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