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Stangata (anche) sulle auto aziendali

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Settimane di dibattito sulla “sugar tax” e sulla “plastic tax”, ma alla fine nella manovra di bilancio irrompe anche la “auto aziendale tax”. Le bozze portate al Consiglio dei Ministri del 29 ottobre prevedono infatti, all’art. 73, una modifica al regime fiscale, nel reddito di lavoro dipendente e assimilati, del fringe benefit rappresentato dalla concessione in uso al dipendente, dirigente, collaboratore o amministratore di un’auto aziendale.

Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme di denaro e i valori in genere percepiti nel periodo di imposta in relazione al rapporto di lavoro. Ai fini della determinazione fiscale della eventuale parte di compensi erogati in natura invece che in denaro, bisogna fare riferimento al valore normale dei beni o servizi ricevuti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro.

In linea generale, il valore normale corrisponde al valore di mercato del bene o servizio ricevuto dal dipendente, ma, nello specifico caso del servizio rappresentato dalla concessione a un dipendente di un’auto aziendale in uso promiscuo (ossia utilizzabile dal dipendente sia per esigenze di lavoro che per esigenze legate alla propria vita privata), l’art. 51 co. 4 lett. a) del TUIR stabilisce un criterio forfettario, per effetto del quale il valore, che concorre a formare il reddito di lavoro tassato in capo al dipendente, si assume nella misura del 30% “dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l’Automobile club d’Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero delle finanze che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d’imposta successivo”.

Dal predetto ammontare imponibile in capo al dipendente si scomputano gli ammontari eventualmente trattenuti al medesimo dall’azienda a fronte della concessione in uso dell’auto. L’art. 73 delle bozze della legge di bilancio interviene a gamba tesa sull’art. 51 co. 4 lett. a) del TUIR, con una modifica che rende imponibile per il dipendente non più il 30% dell’importo ricavabile dall’applicazione delle tabelle ACI, ma il 100%. L’effetto, chiaramente, è quello di più che triplicare la tassazione sui dipendenti, collaboratori, dirigenti e amministratori, per la parte di reddito riconducibile al compenso in natura rappresentato dalla disponibilità in uso promiscuo dell’auto aziendale. Vengono fatti salvi dall’art. 73 delle bozze della legge di bilancio soltanto “agenti e rappresentati di commercio”, per i quali risulta confermata la rilevanza del compenso in natura nel limite del 30% degli importi ricavabili dalle tabelle ACI.

Per altro, il riferimento nel testo agli agenti e rappresentanti di commercio è da considerarsi tecnicamente approssimativo, posto che queste figure sono per definizione lavoratori autonomi che determinano il proprio reddito secondo le regole proprie del reddito di impresa e non secondo quelle del reddito di lavoro dipendente. È dunque lecito supporre che il testo, migliorabile, intenda riferire la conferma dell’imponibilità limitata al 30% per quei dipendenti e collaboratori le cui mansioni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, rientrano nel novero di quelle proprie dei venditori, viaggiatorim piazzisti, eccetera.

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