Le forze in campo
Nel 2020, lo schieramento era il seguente. La Cina vantava quasi 3 mila velivoli di guerra contro i 400 di Taiwan; 6 mila carri armati contro 800; 52 sottomarini contro – tenetevi forte – solo 2 di Taipei. Come riportato anche dal giornalista Federico Rampini, nel suo ultimo libro “Fermare Pechino” (Mondadori), oltre un milione di soldati cinesi potrebbero potenzialmente intervenire nell’aggressione contro i 100mila taiwanesi. La teoria militare afferma che l’aggressore deve godere di una supremazia pari a tre uomini contro uno, se si combatte in pianura; mentre, se si combatte in ambiente urbano, fino a sei contro uno. I numeri per una potenziale offensiva tornano e sono destinati a crescere col progressivo passare del tempo.
L’asse Xi Jinping-Putin
C’è però un ostacolo che potrebbe ancora frenare la futura invasione di Taiwan: la guerra che impegna la Russia sul fronte ucraino. La maggiore fonte di import bellico cinese è proprio Mosca. La fornitura russa riguarda soprattutto l’ambito della motoristica dei velivoli da guerra e dei sottomarini a propulsione non nucleare. Appare quindi difficile che la Russia possa impegnarsi in un aumento del proprio export militare verso la Cina, soprattutto in un contesto storico come quello attuale, dove la meccanicistica del Cremlino rimane fortemente impegnata nell’Est Europa.
Intanto, secondo fonti Ue e funzionari americani, Pechino starebbe valutando il possibile invio di armi a sostegno di Putin. Una semplice mossa da alleato oppure una decisione che si instaura all’interno di un programma più vasto ed articolato? Chi vivrà, vedrà.