Economia

“I soldi non sono per noi ma per gli italiani”. Tavares e Stellantis senza vergogna

Piantolini e supercazzole, fino alla dichiarazione più ridicola: ecco il triste spettacolo del manager portoghese

Stellantis delude

Sono tanti gli spunti offerti dalla tragicomica performance di Carlos Tavares in audizione alle Commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato. L’amministratore delegato di Stellantis non ha fornito alcuna risposta concreta, traccheggiando con le solite esternazioni, tra l’azienda che non ha nessuna intenzione di lasciare l’Italia e l’ambizione di lottare per mantenere la leadership nel Belpaese. Nulla di nuovo, ma soprattutto nessuna risposta alle preoccupazioni di politica e lavoratori. Ma c’è un passaggio che non può passare inosservato, non può restare impunito.

L’elenco della spesa delle motivazioni del flop delle auto elettriche è piuttosto lungo: dall’incertezza normativa e di costi alla competizione della Cina, passando per le cifre troppo elevate e il prezzo dell’energia alle stelle. Ma anziché aggiustare il tiro, magari facendo un passando indietro rispetto all’ossessione green, Stellantis, o meglio il suo ad Tavares, ha sfoderato la specialità della casa: chiedere aiuti, ossia denaro, euro, grano. Secondo il manager portoghese, in Italia poi non si vendono auto elettriche “perché costano troppo” quindi bisogna stimolare la domanda con incentivi: “Non chiediamo soldi per noi, ma chiediamo a voi di darci aiuto per i vostri cittadini, che in questa maniera possono acquistare veicoli che si possono permettere”. Sì, avete capito bene. Senza vergogna.

Anziché presentare un piano di sviluppo e di investimenti in Italia, Tavares ha invocato un altro intervento assistenzialista, citando neanche troppo velatamente un ricatto occupazionale. Una continua richiesta di assistenza che lascia piuttosto perplessi, basti pensare ai pregressi. Per ottenere il prestito dall’Italia, l’allora Fiat Chrysler aveva assunto una serie di impegni: aumentare gli investimenti del piano industriale fino a 5,2 miliardi di euro (con 200 milioni supplementari per lo stabilimento di Melfi), non delocalizzare, mantenere i livelli occupazionali e non cedere i marchi come Maserati e Alfa Romeo. La storia insegna.

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L’amministratore delegato di Stellantis ha sfoderare l’immarcescibile elenco di alibi, escludendo qualsivoglia responsabilità dell’azienda sugli accordi non rispettati. E attenzione: i numeri sulla produzione e sull’occupazione di un anno fa non rappresentano gli unici motivi di preoccupazione. Se i dipendenti sono diminuiti di oltre 11 mila unità ed è stato raggiunto il minimo storico di produzione, non possiamo non considerare l’assenza di una visione, testimoniata dallo stop alla gigafactory di Termoli. Eppure Tavares ha la faccia tosta di chiedere “soldi non per Stellantis ma per i cittadini perché possano permettersi di comprare questi veicoli”. Un’arroganza senza pari, ma anche la convinzione che chi ascolta sia fesso. Evidentemente per Tavares sparare due scemenze sulla concorrenza di Pechino e sul costo dell’energia è sufficiente per calmare le acque. Ma il manager ha fatto i conti sbagliati.

L’unico impegno preso da Tavares? Un milione di clienti. Ma occhio: quelli deve pagarli lo Stato italiano con gli incentivi. Una soluzione geniale per certi versi: l’amministratore delegato di Stellantis vuole ottenere risultati con i soldi degli altri, azzerando il suo impegno. Perché migliorare le cose quando posso puntare il dito contro la politica brutta e cattiva? La colpa è dell’assenza di incentivi. Ovviamente si tratta di ironia, perché è impossibile rimanere seri di fronte a cotanta tracotanza. Il pensiero va ai lavoratori di Stellantis, alle prese con un momento particolarmente delicato e senza alcuna rassicurazione da parte dei vertici. Basti pensare che governo e opposizione stanno dalla stessa parte della barricata: complimenti a Tavares per l’impresa.

Franco Lodige, 12 ottobre 2024

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