Siccome dalle parti di Terna sono, comprensibilmente, molto sensibili riguardo a quanto scritto da questo sito, oggi vorremmo usare tutte le prudenze che merita questa bella società quotata. Un po’ come prudenza ha voluto che il bagno delle signore della sala consiglio di Terna restasse riservato. Non si sa mai.
Ieri, come svelato in esclusiva da Nicolaporro.it, si è tenuto un Consiglio di amministrazione. E come immaginavamo non è andato per niente liscio. Il tam tam di Borsa parla di una seduta spaccata e di un voto arrivato addirittura sul filo di lana. Ma non ci vogliamo credere. I nostri amici di Terna però potrebbero spiegarci il contenuto della lettera-mail del professor Marco Giorgino, presidente del nuovo “Comitato controllo e rischi”. Ne parleremo un’altra volta, ma non si tratta esattamente di una lode su come sia stata gestita la governance. Ma il punto è un altro. In effetti abbiamo commesso un errore nel precedente pezzo e ce ne scusiamo con Terna. Non è stato creato un nuovo comitato endoconsiliare. Restano quattro, ma con nomi e funzioni diverse. Anche perché il Cda avrebbe dovuto gettare nel cestino un parere di Spencer and Stuart; i consulenti, tra l’altro, avevano messo nero su bianco che un nuovo comitato avrebbe solo aumentato i costi.
Ogni consigliere di amministrazione di Terna ha infatti una retribuzione annua di 35mila euro. Ma la partecipazione ai comitati arrotonda il piattino, visto che vale un gettone aggiuntivo di 40mila euro. Dalla relazione sulla politica di remunerazione, che per la sua incomprensibilità sembra il manoscritto Voynich, sembrerebbe che questi gettoni siano cumulabili. Quindi un consigliere con tre comitati, si prende 120mila euro più 35mila. I presidenti dei comitati hanno invece in gettone di 50/60mila più i 35mila da consiglieri. Per carità si tratta di lavoro. Ma come potete ben comprendere i professionisti dei consigli di amministrazione a queste cosucce stanno attenti. E creare un nuovo comitato non è cosa da fare.
Ritorniamo alla nostra storia. Il Consiglio ieri ha deciso di rimettere mano a questi comitati. E qui ci siamo permessi, in modo irrispettoso e ce ne scusiamo, di parlare di trucchetto. Abbiamo sbagliato anche in questo caso. Che sciocchi. I trucchetti sono fatti di nascosto. Ieri tutto è stato fatto alla luce del sole. Dal “Comitato remunerazioni e nomine” sono scomparse due consigliere: Angelica Donati e Annachiara Svelto. Traferite in altra stanza. Niente di strano per carità. Se non che, a quanto risulta a questo giornale, le due consigliere sono anche le uniche due che votarono contro, l’anno scorso, alle modifiche delle politiche retributive introdotte dalla nuova gestione.
Ahinoi nel trasparentissimo manoscritto Voynich di Terna sappiamo quante volte quel comitato si è riunito, quante ore è durato, le percentuali (sì percentuali) dei voti contrari ma non delle singole “dissenting opinion”. Si dirà: così fan tutti. Ma che casino per noi giornalisti. Sapere che due consigliere si oppongono ad una decisione chiave del “Comitato remunerazioni” e scoprire che l’anno dopo vengono fatte fuori dallo stesso, beh insomma: sarebbe stata un’interessante informazione al mercato. Il presidente del comitato, il preparatissimo Cucchiani, scrive nella sua relazione che sono già stati ritoccati all’insù alcuni coefficienti della retribuzione variabile.
E arriviamo così al punto finale, la retribuzione del capo azienda. Chi scrive ritiene che un Ceo che bene amministri e che crei valore per i propri azionisti, meriti una bella paga. Basta con il pauperismo da quattro soldi. Giuseppina Di Foggia non solo è Ceo, ma anche direttore generale della società. Oltre alla retribuzione (come consigliere e direttore) ha dei bonus annuali e di lungo periodo. Le prime due componenti valgono circa 1,8 milioni di euro. Poi ci sono gli Lti (123 per cento della retribuzione complessiva se si rispettano i target e ben di più se si fa meglio), bonus di lungo periodo, che porterebbero, a quanto capiamo dalla relazione, la retribuzione complessiva intorno ai 3 milioni. Ma non finisce qua. Il Ceo e Direttore generale è nominata per tre anni. Alla fine dei quali, se dovesse cambiare lavoro, le spetta la cosiddetta Severance (approvata da questo consiglio, non da Babbo Natale, il 9 maggio del 2023): vabbè detta più semplicemente, la possiamo definire liquidazione, anche se è molto di più. La quale vale due anni di retribuzione. Ma attenti: nella liquidazione non si calcola solo la paga base. Nei due anni di liquidazione entrano anche tutte le parti variabili, di breve e di lungo periodo. Favoloso.
La Severance, sempre che i prossimi “Comitati remunerazione” approvino il raggiungimento degli obbiettivi aziendali, vale dunque circa 6 milioni di euro. Non vi annoiamo con altre voci di remunerazione, tipo il pagamento della previdenza complementare, polizze sanitarie e altri trattamenti di fine mandato. Retribuzioni e Severance comportano per la Di Foggia un pacchetto triennale che si avvicina ai 15 milioni di euro. Ripetiamo: sempre che si raggiungano i risultati sperati. Il che vuol dire che abbiamo commesso un altro errore nel primo pezzo su Terna e cioè che la Ceo se dovesse fare un solo mandato percepirebbe cinque milioni di euro all’anno. Non quattro come abbiamo scritto.
Val la pena notare come il ministero di Giancarlo Giorgetti per un’altra importante società pubblica, decisamente più complicata e importante di Terna, abbia chiesto e pare ottenuto che i manager pubblici non godano di questa liquidazione.
Forse anche per questo le due consigliere indipendenti avevano alzato il sopracciglio. Zac glielo hanno tagliato.
Ps: non è facile nemmeno per chi ha sempre scritto di economia e finanza (e questo comunque non è bello) comprendere quando davvero incassi un manager pubblico di una quotata. Quindi se la nostra ricostruzione non dovesse essere del tutto precisa ospiteremmo volentieri Terna per delle spiegazioni.
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