Differenziare gli stipendi dei docenti su base territoriale adeguandoli al costo della vita: si o no? Un dilemma che divide la politica e spacca in due l’opinione pubblica. Da una parte chi sarebbe favorevole alla proposta avanzata già qualche settimana or sono dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e tornata nuovamente in voga nelle ultimissime ore, dopo l’ordine del giorno presentato da Andrea Giaccone della Lega e approvato dalla maggioranza, su cui, peraltro, il governo, rappresentato dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha già espresso parere favorevole.
A cominciare dagli stessi docenti, su tutti i tanti fuorisede che ogni anno si spostano dal Mezzogiorno per soddisfare l’elevato fabbisogno di cattedre nelle regioni del Nord Italia, costretti, loro malgrado, a fare i conti con una crescente erosione del loro potere d’acquisto per effetto del progressivo aumento del costo della vita e delle sempre più marcate differenze, in termini di costi, esistenti tra le diverse aree geografiche del paese. D’altra parte poi, il rovescio della medaglia, ovvero chi è aprioristicamente contrario, e si oppone fermamente all’ipotesi di differenziare gli stipendi degli insegnanti tenendo conto del caro vita.
In primis i sindacati ovviamente, che bollano la proposta della Lega come “discriminante”, “inaccettabile” e “in contrasto con l’articolo 36 della Costituzione”, parlando peraltro senza mezzi termini di “distruzione della scuola”. Passando, poi, per le opposizioni, che accusano l’esecutivo di voler realizzare “la scuola delle disuguaglianze”, attraverso l’introduzione delle cosiddette “gabbie salariali” per gli insegnanti, definendo l’ipotesi di differenziare gli stipendi “uno schiaffo al Sud”.
Orbene, partiamo dal presupposto che la stessa definizione di “gabbie salariali“, che tanto piace a sinistra, è un mero artificio retorico, efficace certo, ma pur sempre di retorica si tratta, dal momento in cui non si comprende perché mai, se effettivamente esiste un problema legato alle importanti diversità di costi tra le varie aree geografiche del paese, come di fatto esiste, non lo si voglia affrontare pragmaticamente, liquidandolo semplicisticamente ricorrendo alla solita vecchia arte della retorica. Di più: la proposta della Lega, immediatamente demonizzata da sindacati e opposizioni, non sarebbe contraria alla Costituzione, dal momento in cui non verrebbe meno la parità retributiva, in quanto si tratterebbe semplicemente di introdurre un trattamento economico accessorio direttamente collegato al costo della vita del luogo ove si svolge l’attività lavorativa.
Non vi sarebbe pertanto discriminazione, semmai si andrebbe a porre fine a una discriminazione già esistente e di fatto totalmente ignorata dai sindacati: quella di chi, affrontando non poche criticità, si sposta dal sud per prestare servizio nelle grandi città del nord. Non solo. Lo “schiaffo al sud”, di cui tanto si parla, altro non è che l’ennesimo artificio retorico delle sinistre. La stragrande maggioranza dei docenti che beneficerebbero del trattamento economico accessorio al nord sarebbe infatti proveniente dal Mezzogiorno, nella maggior parte dei casi con famiglia e prole da sfamare nelle stesse regioni di origine, a cui certamente farebbe comodo, e non poco, un’integrazione stipendiale, proprio per poter soddisfare i bisogni dei relativi familiari.
Altro che schiaffo al sud. Di più: dell’eventuale trattamento integrativo potrebbe usufruire, inoltre, non solo chi si sposta dal meridione al settentrione, ma anche chi si trasferirebbe dai piccoli centri rurali verso le grandi città del sud Italia, data la non trascurabile diversità del costo della vita. Infine, esiste un ultimo aspetto da non sottovalutare: una retribuzione più soddisfacente influirebbe di certo positivamente tanto sulla motivazione quanto sulla produttività dei docenti, con risvolti significativamente favorevoli per la qualità e la continuità dell’insegnamento.
Insomma, nel complesso, quella dell’esecutivo di centrodestra è una proposta pragmatica, ragionevole e improntata al buonsenso, di cui andrebbero a beneficiare, oltre ai docenti, anche studenti e istituzioni scolastiche. In barba agli artifici retorici, all’ipocrisia e alla finta uguaglianza di sindacati e opposizioni.
Salvatore Di Bartolo, 17 dicembre 2023