Sto con Renzi e il Cavaliere contro le toghe politicizzate

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Scrivo per fatto personale: la premessa è necessaria perché quello che scriverò non riguarda approfonditi studi o ardite analisi dietrologiche, ma semplicemente quello che ho vissuto. Tra il 1992 ed il 1993 ho visto sparire, tra i tanti, il mio partito, il Partito Liberale Italiano. È stato doloroso e mortificante tra processi, tangenti, carcere, tradimenti e morti, in un clima orribile e velenoso che non deve essere dimenticato per evitare che si possa mai ripetere.

Una frattura della storia che trova la sua più significativa sintesi nella dinamica del PIL: sempre sopra la media europea prima del 1992, sempre sotto dopo il 1992. Ogni alternativa al massimalismo post-comunista era stata spazzata via dalla furia iconoclasta di una follia collettiva alimentata da una frangia combattente della magistratura.

Tra il ‘93 ed il ‘94 molti che come me non si volevano rassegnare alla vittoria di una sinistra massimalista ed immatura a governare videro nella nascita di Forza Italia la possibilità di inceppare una storia che sembrava già scritta. Nel momento in cui un clima mefitico e delatorio sembrava essersi definitivamente impossessato del dibattito politico, Berlusconi trovò il coraggio di dar voce ad una parte d’Italia che in quel momento non aveva più rappresentanza, mentre le cronache quotidiane raccontavano di imprenditori morti in carcere come Cagliari o in “complessi” suicidi come Gardini.

Di fronte a questa decisione, da subito la magistratura entrò nella partita ordinando perquisizioni presso le sedi dei neonati club di Forza Italia. L’intento era la pura e semplice intimidazione nei confronti di quanti vi appartenevano e Michele Santoro, durante una celebre trasmissione, diede il via alla caccia. Era solo l’antipasto: le intimidazioni continuarono nei confronti di numerosi imprenditori che avevano voluto, trasparentemente, finanziare la campagna elettorale dei candidati di FI. Ognuno di loro fu casualmente visitato da nutrite pattuglie di finanzieri intenti a svolgere complesse, approfondite e lunghissime ispezioni di natura fiscale.

Ripeto: scrivo per fatto personale, non ho elementi per generalizzare quello che racconto, ma racconto quello che ho vissuto.

Malgrado tutto l’Italia moderata va al voto e contro ogni previsione porta Silvio Berlusconi nel 1994 alla Presidenza del Consiglio, ed è al Presidente del Consiglio che a Napoli, mentre parla di criminalità organizzata ad un simposio internazionale dell’Onu presenti altri capi di stato e di governo, viene recapitato il primo avviso di garanzia dopo l’ingresso in politica. La firma su quell’avviso era del giudice Davigo. Vi risparmio il resto della storia, le molteplici assoluzioni, le numerose prescrizioni, l’unica condanna definitiva sulla quale molto ci sarebbe da discutere.

In quei mesi Craxi, isolato nella sua triste latitanza, cercava una improbabile rivincita che non arriverà, Cossiga, ormai Senatore a vita, rimuginava sulla campagna di delegittimazione subita quando, prima che tutto degenerasse, cercava di riportare ordine nella magistratura e nel Csm, e Scalfaro, ormai al Quirinale, ordiva le sue trame tra bugie, vendette e sospetti favori ad amici e famigli.

Tutto è opinabile, la faccio semplice ed ometto moltissimo ed il mio è un giudizio di parte. Ma tant’è e questa era l’Italia di quegli anni.

L’arrivo di Berlusconi, contrariamente ad una narrazione a senso unico che lo vuole colpevole e battuto, permise quello che sino a quel momento sembrava impossibile: l’alternanza al Governo tra un centro destra a trazione centrista ed una sinistra che, dopo potenti innesti ex dc e con il volto rassicurante di Prodi, si manifesta come partito moderato, atlantista ed occidentale, cosa che sino a quel momento non era mai stata.

Negli anni di relativo equilibrio durante la Presidenza Ciampi, l’Italia dell’alternanza riuscì a prendere decisioni fondamentali per il suo futuro anche grazie ad una insospettabile coesione politica sulle scelte fondamentali come l’ingresso nell’Euro.

Ma la magistratura non molla e, senza parlare di Berlusconi e dei suoi innumerevoli processi, che ci riportano allo scoop di Porro e del Riformista di questi giorni, sono innumerevoli gli uomini Politici gettati nel tritacarne giudiziario rendendo inutile l’impegno di milioni di cittadini che con la scheda elettorale pensavano ancora di poter decidere da chi essere governati. Quello è stato l’inizio della fine, l’atto finale che ci ha condotti all’attuale ridicola legislatura.

Per questo ritengo doveroso il mio impegno e, se oggi mi considero convintamente renziano, è per il semplice motivo che essere liberale è una precondizione per svolgere una attività politica e non un elemento di militanza. Essendo liberale voglio dare il mio piccolo contributo alla costruzione di un soggetto politico nuovo capace di riconoscersi nel principio della democrazia liberale, lavorando al suo interno sino a che queste condizioni saranno rispettate.

Anche per questo è stato grande il disagio quando, dopo l’ultima Leopolda dove Renzi combattivo e deciso ha annunciato la scissione dal Pd e la nascita di Italia Viva, lo stesso magistrato che aveva chiesto invano l’arresto dei suoi genitori quando era segretario del Pd, avviò un’inchiesta sulla fondazione Open, chiusa nel 2018, e sui suoi contributori. La similitudine con quanto accaduto nel ‘94 con i club FI e l’immediato successo dell’operazione intimidatoria che ha allontanato militanti e contributori da Italia Viva grazie alla grancassa mediatica che ne è seguita, mi disgustano oggi come ieri.

Poi il trojan e le incredibili intercettazioni del giudice Palamara che hanno mostrato, in tutta la loro devastante gravità, i danni straordinari che una magistratura militante può creare. Era la pistola fumante che in questi anni ci è sempre mancata. Oggi il marcio nella magistratura è un fatto, non più un sospetto.

La straordinaria cricca di potere amministrativo-giudiziario che ha agito abbattendo gli avversari politici, per garantirsi, senza il disturbo di dover essere mai eletti rispondendo del proprio operato, carriere e guarentigie comprese di tutti gli orpelli del potere: denaro, ruolo sociale, potere economico, deve essere fermata.

Per questa cricca i nemici sono i politici di ogni colore e fede politica quando siano uomini liberi, per loro l’unico politico buono è quello debole e ignorante o quello ricattabile. Tutti gli altri devono essere resi inoffensivi grazie anche al semplice mascariamento.

Ma oggi, grazie alle parole rubate a Palamara, abbiamo una chance per abbatterli, rompendo il muro di silenzio ed intoccabile moralità della quale si sono ammantati in questi anni. Dobbiamo combattere questa metastasi con le sole armi dei cittadini: l’informazione, la militanza ed il voto. Io ho fatto la mia scelta, ognuno faccia la propria liberamente, ma impegniamoci per giudicare i fatti con giudizio sereno guardando da oggi al futuro e non ad un passato che non ci vuole abbandonare e che ha avvelenato le nostre menti.

La politica ha spazi infiniti di manovra basta avere il coraggio di percorrerli.

Antonio De Filippi, 3 luglio 2020

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