Ci stiamo riuscendo: siamo ad un passo dalla decrescita infelice. Restiamo chiusi nelle nostre case, con negozi e ristoranti vuoti additati come possibili luoghi di contagio, a chiederci dove sia finita l’allegria, la bellezza, la socialità ma anche dove siano finiti la voglia di fare, di lavorare, di costruire il nostro futuro. Quell’Italia positiva e creatrice mi manca e la voglio raccontare con una piccola storia che coinvolge incidentalmente anche il nostro esimio Prof. Conte Giuseppe, Presidente del Consiglio.
Roma, primi del ’900: nasce il figlio di Enrico Ranaldi, detto il Panzone, fervente comunista con una avviata trattoria in un vicolo del centro. Il vecchio comunista lo vuole battezzare Stalin Ranaldi ma il parroco si rifiuta e grazie a quel rifiuto nella comunità dei cattolici entra Robespierre Ranaldi. Evidentemente il parroco era più anticomunista che preoccupato delle teste tagliate dei preti. Robespierre è un uomo volitivo, esordisce in teatro come acrobata ma abile meccanico nel 1939 apre la sua bottega. Ci lavora insieme al figlio Luigi sino alla fine degli anni ‘80. Oggi Gigi, malgrado qualche acciacco, è ogni giorno in officina insieme al figlio Sandro. Pioggia, caldo, freddo, crisi economiche, pandemie: Gigi e Sandro saranno li a battibeccare su un carburatore o una centralina.
3 generazioni, 4 con il Panzone, che lavorano ininterrottamente, partecipano a guerre, tornano dal fronte e riprendono a costruire la loro fortuna. Comprano casa a Roma in periferia e si costruiscono una casa fuori Roma dove passare il poco tempo libero dalla “bottega”. Fanno figli e li fanno studiare, cercando di farne dei buoni cittadini. Intorno a loro l’Italia lavora e si dà da fare, costruisce il suo patrimonio di ricchezza e risparmio, il loro lavoro si trasforma, l’officina diventa anche negozio, imparano ad usare nuovi metodi e nuove tecnologie. Non studiano, ma imparano come da secoli tutti gli artigiani hanno fatto.
Lo Stato però è in agguato e dagli anni ‘80 le cose cominciano impercettibilmente a cambiare, il lavoro non manca ma tutto è più complicato: l’officina non è più a norma, si deve rifare l’impianto elettrico a norma, il cavalletto per alzare le moto va cambiato perchè non è più a norma, i registri devono essere a norma. In pochi anni tutta la loro vita sembra non essere più a norma.
Non si lamentano perché è giusto e le Leggi vanno rispettate, si danno da fare ma la burocrazia prevale sulla realtà e per anni va avanti così, con una tassazione e uno Stato sempre più invadenti. Lavorano, guadagnano, ma impercettibilmente le cose cambiano: comprare casa ai figli è sempre più difficile, i risparmi si assottigliano, le opportunità si diradano. In sintesi Gigi la mette giù chiara “Ci mancava la pandemia e per fortuna il mi figlio non cià famija si no erano cazzi…”
Norme farraginose, lo Stato esattore e controllore, polizia, vigili del fuoco, Asl, controlli, obblighi e multe. Tutti gli attrezzi del mestiere che faranno il successo della grillistica decrescita felice. Ormai alla crescita si sostituisce l’inerzia. Perchè lavorare di più quando i guadagni non cambiano? Meglio restare soli senza personale, arrivando sin dove si riesce, allungando i tempi di consegna, facendo meno magazzino. Insomma meglio mettere in atto tutte quelle piccole decisioni che a livello di sistema ci hanno portato alla recessione ed alla decrescita.
Bella storia, ma cosa c’entra il Presidente del Consiglio e le sue scelte economiche? Semplice è li a 50 metri dalla bottega che fu di Robespierre, che abita l’anonimo Prof. Conte Giuseppe oggi acclamato Presidente del Consiglio, L’onnipotente Presidente che ha recentemente annunciato un nuovo decreto, proponendo un patto per l’accelerazione della giustizia civile, penale e tributaria, la semplificazione dei sistemi decisionali, la riduzione delle tasse, l’avvio delle grandi opere, la semplificazione della burocrazia, BOOM. E non è andato oltre perchè l’abolizione della povertà era già stata acquisita e la conquista di Marte la ha già annunciata Elon Musk.