Giustizia

Strage dell’amianto: Eternit si difende

Le arringhe dei legali hanno smantellato il fallace impianto accusatorio contro il patron di Eternit

Giustizia

di Mattia Rossi

Hanno smontato punto per punto le accuse mosse dalla Procura. Mercoledì, i due difensori dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, 74enne patron di Eternit, alla sbarra in due processi paralleli per omicidio volontario con dolo eventuale, hanno tenuto le loro arringhe di fronte alla Corte d’Assise di Napoli dove lo svizzero è imputato per la morte di otto persone e dove ci si avvia a conclusione. A Novara, invece, sempre in Corte d’Assise, si procede per l’omicidio volontario di 392 persone ed è ancora in corso l’istruttoria dibattimentale. L’accusa mossa dalle due Procure è la stessa: Schmidheiny, consapevole della nocività e della cancerogenicità dell’amianto, avrebbe proseguito volontariamente la produzione di cemento-amianto portando alla morte migliaia di persone.

Gli argomenti della difesa

Le arringhe dei due suoi legali – gli avvocati prof. Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva – hanno, però, chiaramente smantellato il fallace impianto accusatorio che, come è risultato chiaro sin da subito, vorrebbe, per l’imprenditore, una presunzione di colpevolezza. Entrambi i difensori, per farlo, si sono basati efficacemente in gran parte su atti “neutrali”. Come, ad esempio, la “perizia D’Angeli” commissionata nel 1979 – quindi in piena gestione Schmidheiny – dalla Pretura di Napoli nella quale si legge di macchinari costituiti da cappe di depolverizzazione, condotti di aspirazione, piani ribaltabili automatizzati, sacchi di amianto svuotati senza venir mai portati all’esterno della cappa in depressione: una descrizione ben diversa da un girone dantesco e che, infatti, permise ai periti di parlare di «notevole impegno tecnico-economico attivato dalla ditta».

Il convegno sull’amianto

Del resto, appena insediatosi al timone di Eternit, Schmidheiny convocò i suoi dirigenti a Neuss per un convegno da egli stesso aperto e concluso con l’invito a cambiare mentalità e considerare la tutela del lavoro importante e ovvia tanto quanto gli standard di qualità. Una versione leggermente diversa dalla vulgata per cui Schmidheiny avrebbe agito infischiandosene di tutto e, soprattutto, della salute dei lavoratori. È vero il contrario: affronta il problema con i suoi manager. E, infatti, la difesa ha fatto notare: «Quanti altri convegni di Neuss ci sono stati nei comparti industriali in cui si è fatto uso di amianto? Quante altre preoccupazioni sono state espresse come a Neuss? Quali altri imprenditori hanno convocato i propri manager per spiegare i problemi relativi all’uso dell’amianto?».

E la prova che gli indirizzi di Neuss fossero rivolti al miglioramento qualitativo degli stabilimenti si ottiene dall’esame dei flussi finanziari per complessivi 84 miliardi di lire. E un altro documento al di sopra delle parti elogiò Eternit proprio in tal senso: «La Eternit, fin dal 1974, ha iniziato lavori nelle fabbriche tendenti a ridurre, al limite del massimo tecnologicamente ottenibile, le fibre di amianto nell’atmosfera del posto di lavoro. Sembra invece che i concorrenti non abbiano effettuato (o lo hanno fatto in misura del tutto inadeguata) i necessari investimenti per il risanamento dell’ambiente di lavoro». Sono le parole della relazione di Carlo Castelli, commissario giudiziale a seguito dell’amministrazione controllata, del 1985.

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