Rosa e Olindo sono davvero colpevoli della strage di Erba, datata 11 dicembre 2006? Questa domanda se la sono posta in pochi, anzi pochissimi negli ultimi diciotto anni. I coniugi sono stati condannati all’ergastolo per gli omicidi di Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli, Valeria Cherubini e per il tentato omicidio di Mario Frigerio. Ma ora qualcosa potrebbe cambiare: la corte d’appello di Brescia ha detto sì alla revisione del processo, appuntamento in aula il prossimo 1° marzo. Accolta la richiesta avanzata dall’avvocato Fabio Schembri, difensore della coppia, e del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser: esiste un’altra verità su Erba?
Chi ne è convinto è Edoardo Montolli, che insieme al collega del Giornale Felice Manti ha firmato il libro “Il grande abbaglio” pubblicato nel 2008 e ha realizzato una controinchiesta sulla strage di via Armando Diaz 25. Il cronista è sostenitore dell’innocenza di Rosa e Olindo e con il suo lavoro ha acceso i riflettori sulle presunte prove granitiche, dal riconoscimento di Frigerio alla macchia di sangue trovata nell’auto di Olindo. “Io sono molto cauto, voglio vedere cosa succede. Non sono né ottimista, né pessimista: sto alla finestra per vedere se verranno lette queste nuove prove, gran parte delle quali sono state sottoposte a consulenza”, ci racconta Montolli.
Montolli si riferisce alle prove scoperte a processo in corso, ma che non sono mai entrate nel dibattimento: “Mi riferisco in particolare al riconoscimento di Olindo da parte di Mario Frigerio: lui dichiara in aula che dal 20 dicembre 2006, giorno in cui Gallorini (comandante dei carabinieri di Erba, ndr) gli aveva fatto il nome di Olindo, si era liberato di un peso. Ma questa cosa non è vera. Ci sono audio mai entrati a processo nei quali, nei giorni successivi al 20 dicembre – mi riferisco al 22, 24 e 26 dicembre – Frigerio parlando con il suo avvocato non ricorda assolutamente nulla della sua aggressione. Non ricorda la faccia, non ricorda niente. Questi sono audio considerati non utili e mai entrati nei processi”. Ma non è tutto, ha aggiunto il giornalista: “Alla vigilia della Cassazione, ho scoperto un incontro segreto tra Frigerio e i carabinieri il 25 dicembre di cui non c’è alcuna traccia. Io sono riuscito a scoprirlo perché il 26 dicembre il figlio di Frigerio, Andrea, dice agli zii che la mattina precedente – appunto quella del 25 dicembre – i carabinieri avevano parlato con il padre. Io svolgo il registro delle intercettazioni fino all’alba, alle 7.03, quando Andrea arriva: si sentono delle persone uscire e lui chiede al padre se erano entrati a salutarlo. Ma ecco il problema: dalle 6.20 alle 7.03 al registro delle intercettazioni non risulta niente. Ma questo non è possibile”.
Un’altra nuova prova documenta il fatto che nell’appartamento di Raffaella Castagna c’era già qualcuno dal pomeriggio del giorno della strage, fattispecie che cambia radicalmente la ricostruzione. E ancora: “Sul luogo della strage furono trovati due mazzi di chiavi che nessuno ha mai riconosciuto e che non potevano appartenere a Rosa e Olindo”. Negli ultimi anni è emerso con forza un problema di narrazione: “C’è ancora gente che è rimasta ferma all’istanza di fermo, neanche ai processi. C’è gente che dice che il 15 dicembre Mario Frigerio riconobbe Olindo Romano come suo aggressore mentre descriveva una persona olivastra. Questa cosa è già nelle sentenze che non è vera: quell’audio risultò modificato da un programma apposito. C’è gente che parla ancora di confessioni dettagliatissime, quando sono un delirio. Non sapevano niente”.
Tanti i dettagli, tante le cose che non tornano ha aggiunto Montolli: “Ma la cosa più importante è che alle 20.00 in quell’appartamento, con le finestre chiuse, c’era buio pesto e nemmeno gli assassini avrebbero potuto descrivere i dettagli”. “Noi abbiamo fatto un podcast – Il grande abbaglio – dove ho messo tutti gli audio e tutte le cose che non tornano”, ha proseguito il giornalista: “I Ris non hanno trovato niente di Rosa e Olindo sulla scena del crimine e non hanno trovato nulla delle vittime nella loro abitazione. Ma in realtà non è vero che non hanno trovato niente, perché di tracce ce n’erano un’infinità. L’acqua ha lavato via di tutto? E allora dobbiamo immaginare l’acqua dotata di memoria selettiva, perché nel palazzo della strage c’erano le tracce dei soccorritori, dei pompieri e anche di sconosciuti”.
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Scagionando Rosa e Olindo, Montolli e Manti hanno ipotizzato la responsabilità di un commando di professionisti. Ecco un esempio lampante: “Ipotizzammo il commando perché i siriani che abitavano nell’appartamento sotto Raffaella Castagna provarono a guardare dallo spioncino, ma gli assassini avevano messo un pezzo di scotch per ostacolare la vista. Questa è opera di professionisti, sicuro!”. A tal proposito ha aggiunto: “Il testimone che ho trovato dopo 15 anni, Abdi Kais, residente in quell’appartamento, ha raccontato di una faida con una banda di marocchini, che erano riusciti a fermare qualche tempo prima mentre stavano per attaccare la loro base di Merone. Un episodio identico. Dalla consulenza dell’ingegner Rabitti, è emerso che senza ombra di dubbio – dai tabulati Enel e dal consumo degli elettrodomestici nella casa – in casa della Castagna c’era qualcuno. Fattispecie confermata dai siriani, ma la testimonianza non fu considerata attendibile perché non in linea con la ricostruzione degli inquirenti”.
Dall’aula ai social, leggende e fake news sul caso di Erba e sulla colpevolezza di Rosa e Olindo si sono moltiplicate. “Noi siamo stati attaccati in aula. Il pm Astori disse in aula che era una calunnia che loro avessero fatto sentire tutte le dichiarazioni di Olindo a Rosa, ma solo una parte. Io ho però un verbale – il secondo verbale della confessione di Rosa del 10 gennaio 2007, pagine 4 e 6 – in cui viene scritto che a Rosa le dichiarazioni del marito le hanno lette tutte. L’ultima bufala è stata pubblicata dal Corriere della Sera, sulle impronte di Olindo sul contatore della famiglia Marzouk-Castagna mai esistite”, un caso emblematico. Ma c’è anche un ragionamento da fare sul ruolo del giornalismo, Montolli è perentorio: “Un giornalista dovrebbe guardare cosa c’è negli atti, mentre in quel processo si guardavano gli sguardi di Rosa e Olindo. Ma a me cosa interessa?. Noi siamo stati attaccati in aula, ma nessuno ci ha querelato. Il fulcro del nostro mestiere dovrebbe essere il dubbio. Perché solo io e Felice abbiamo scritto che Frigerio aveva riconosciuto un uomo olivastro, più alto, esperto di arti marziali e mai visto prima? Perché per undici mesi i giornalisti non hanno guardato le carte, fidandosi delle veline degli inquirenti? Nessuno ha letto le carte. E questo è un problema: se ti fidi solo delle veline degli inquirenti, perché fai questo mestiere? Fai l’ufficio stampa della Procura e basta”. Appuntamento al 1° marzo.
Massimo Balsamo, 14 gennaio 2024