Esteri

Stupri, abusi, violenze: l’orrore degli ostaggi a Gaza

La testimonianza sulle torture dei terroristi di Hamas ai danni degli ostaggi israeliani: “Trasformano le donne in bambole”

Aviva Siegel Hamas

“L’ho visto con i miei occhi. Mi sentivo come se le ragazze in cattività fossero le mie figlie. I terroristi portano vestiti inappropriati, vestiti per bambole e trasformavano le ragazze nelle loro bambole. Bambole legate a una corda con cui puoi fare quello che vuoi, quando vuoi. Non riesco a respirare, non riesco a gestirlo, è troppo difficile. Sono passati quasi quattro mesi e loro sono ancora lì. E io sono ancora lì. Il mio corpo è lì. Anche i ragazzi subiscono abusi, oltre a ciò che passano le ragazze. Gli uomini non restano incinti, ma sono comunque burattini legati a una corda. Sono seduti in cattività, non hanno fatto nulla di sbagliato! Non abbiamo il diritto di rimanere zitti, anzi, dobbiamo urlare per loro. In questo momento c’è qualcuno che viene violentata o violentato in un tunnel”.

Questa è la traduzione di uno stralcio della testimonianza di Aviva Siegel, rapita dal Kibbutz Kfar Aza il 7 ottobre 2023 insieme a suo marito Keith, e rilasciata durante uno degli scambi di fine di novembre. Quello che ha fatto impressione, ancor più delle sconvolgenti parole della donna e del racconto che ha fatto scendere il gelo fra i presenti, erano i suoi occhi, il suo sguardo. Chi era presente, e anche chi ha seguito la diretta della testimonianza trasmessa da diversi canali televisivi israeliani, non ha potuto fare a meno di accettare l’evidenza che quella donna non mentisse mentre diceva: io sono ancora lì, il mio corpo è lì.

Nel racconto che ha fatto in terza persona, per non far capire quali di quegli abusi di cui è stata testimone sono stati perpetrati proprio sulla sua persona, si capisce che dopo questa esperienza sarà difficile, se non impossibile, per lei e per tutti gli altri rapiti che hanno avuto la fortuna di essere stati liberati, un suo ritorno alla vita normale. Questo perché si è riusciti in qualche modo a portare queste persone fuori dai tunnel, ma sarà molto complicato, se non impossibile, portare via i tunnel da loro.

Chi, come il sottoscritto, ha fatto volontariato in Israele con i sopravvissuti dei campi di sterminio nazisti ha ascoltato, anche a distanza di tanti anni dalla fine della Shoah, i racconti, le testimonianze di quello che succedeva in quei luoghi dimenticati da Dio. E nell’ascoltare i racconti era chiaro che la mente di quelle persone era in parte rimasta nelle camerate dei lager.

Dobbiamo prepararci all’evidenza che chi è stato liberato dai tunnel di Hamas, o lo sarà in futuro, soffrirà sicuramente di sindromi simili se non identiche a quelle con le quali i reduci dei campi di sterminio hanno dovuto convivere per tutta la loro vita. Questo è quello che succedeva, ed è sempre successo quando un ebreo impotente si è ritrovato nelle mani di un suo aguzzino. E non importa se il torturatore è spinto solo dalla sua crudeltà e se la sua infamia è mescolata a ideali malati che guidano la sua mano assassina.

Dalla Santa Inquisizione al Nazismo, dal Fascismo al Comunismo e ora al Jihādismo nei lugubri tunnel di Gaza. Cambiano gli scenari, ma le infamità sono più o meno le stesse. Che le donne israeliane tenute in ostaggio nella Striscia di Gaza siano state sottoposte a regolari abusi sessuali era notizia già trapelata dopo i primi controlli medici effettuati sulle persone rilasciate, ma oltre ad aggiungere prove di ciò che Hamas ha commesso e sicuramente sta ancora commettendo, le nuove rivelazioni hanno messo in luce particolari inquietanti e cioè che gli aguzzini uniscono la beffa alla violenza trattando sia gli uomini che le donne come “bambole di sesso”.

Oltre al Corano e al Mein Kamp di Adolf Hitler, i soldati israeliani che operano a Gaza ne hanno trovate nelle tasche dei terroristi di Hamas tantissime copie della versione tradotta in arabo, è probabile che faccia parte dell’indottrinamento del perfetto Jihādista anche il libro La casa delle bambole di Yehiel De-Nur, libro nel quale si raccontano le esperienze vissute da una quattordicenne ebrea deportata dai nazisti. La casa delle bambole era il luogo dove le giovani donne ebree erano destinate al divertimento dei soldati tedeschi in partenza o al ritorno dai vari fronti di guerra.

Vestire da bambole le ragazze per poi stuprarle è quello che facevano i nazisti e che, secondo le recenti testimonianze, hanno fatto anche i terroristi di Hamas nei loro tunnel delle bambole. Non serve molta fantasia per capire da chi abbiano preso spunto. Come se tutto questo non bastasse, sembra che il peggio debba ancora venire perché la figlia di Aviva Siegel, Shir, alla fine della testimonianza della madre ha aggiunto che ciò che è stato raccontato è solo la punta dell’iceberg.

Michael Sfaradi, 24 gennaio 2024