Da docente quale sono, provo ad inserirmi, seppur in punta di piedi (com’è giusto che sia visto l’elevato spessore intellettuale di chi mi ha preceduto), nel dibattito inerente la bontà o meno del lavoro svolto, in questo primo anno da Ministro dell’Istruzione e del Merito, da Giuseppe Valditara. Premetto che, vivendo quotidianamente e dall’interno le vicende scolastiche, in quest’anno ho più volte cercato di dire la mia circa l’operato del ministro, talvolta spendendo pareri benevoli, tali altre esprimendo tutto il mio disappunto per decisioni, a mio modesto avviso, insoddisfacenti o poco coraggiose per un esponente di un esecutivo di centrodestra.
Cosa ha fatto di buono Valditara
Di certo, l’iniziativa di Giuseppe Valditara di voler rimettere il merito al centro della scuola è da ritenersi lodevole e al contempo significativa. Poiché, in un paese come il nostro, dove il merito passa spesso e volentieri in secondo piano, risulta fondamentale far comprendere ai giovani l’importanza che questo assume in ogni ambito della nostra quotidianità. Molto bene, quindi. Notevole è stato poi il risultato raggiunto da Valditara nelle sue primissime settimane trasteverine, allorquando l’allora neo ministro riuscì (davvero in tempi record) a trovare un attesissimo accordo con i sindacati, attraverso cui fu possibile riconoscere aumenti stipendiali, nonché la fruizione degli arretrati, al personale scolastico. Lavoro eccellente, in tal caso. Importante è stata, inoltre, l’iniziativa legislativa volta a riformare la filiera formativa tecnico-professionale, nel tentativo di rilanciare gli istituti tecnici e professionali e riallineare il mondo della scuola con quello del lavoro (finalmente, sarebbe il caso di aggiungere). Di prim’ordine è stata, ancora, l’azione tesa a restituire ai docenti quell’autorevolezza ormai da tempo perduta (purtroppo).
Investire sui docenti
E si badi bene: autorevolezza, e non già autorità, perché tale dovrebbe essere l’insegnante: autorevole e rispettato, per il ruolo ricoperto, certo, ma ancor più per le competenze possedute e per la capacità di riuscire a trasmetterle ai propri discenti. Proprio su questo punto risulterà essenziale investire: sulla formazione e sulla preparazione dei docenti. Perché è esattamente da lì che discende l’autorevolezza. Mentre, al contrario, la mera autorità imposta dall’alto e riconosciuta all’insegnante solo perché tale, se condita, peraltro, da inadeguatezza e impreparazione, non rappresenta un bene nè per l’istituzione scolastica in sè, né per gli studenti, né tantomeno per gli stessi docenti.
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Investire sulla figura del docente risulta pertanto fondamentale per il rilancio della scuola. Ma per farlo, è altresì necessario rendere attrattiva, anche da un punto di vista squisitamente economico, la professione dell’insegnante. Per far sì che quello del docente non sia visto esclusivamente come un impiego di ripiego, su cui andare a convergere soltanto in assenza di valide alternative (come troppo spesso accade oggi). Ragion per cui, agli aumenti stipendiali di cui si è fatto accenno in precedenza, ne dovranno necessariamente seguire altri, accompagnati, poi, e qui Valditara dovrà dimostrare di averne il coraggio, anche a costo di doversi scontrare con i sindacati, da una politica di differenziazione degli stipendi degli insegnanti che possa tener conto del costo della vita. Contrariamente, la professione del docente potrà anche risultare attrattiva in provincia di Messina o di Vibo Valentia, ma non lo sarà mai a Milano o a Venezia.
Investire sulla cultura
Su un altro punto, infine, Giuseppe Valditara dovrà cercare di insistere: ovvero, sulla cultura. I continui investimenti di tempo e risorse in competenze trasversali e progetti vari, e persino l’irrefrenabile esigenza dell’istituzione scolastica (o perlomeno della sua componente più progressista) di volersi sostituire ad ogni costo ad un’altra istituzione, qual è la famiglia, stanno via via erodendo spazio ai diversi insegnamenti, alleggerendo sempre più il bagaglio culturale dei nostri ragazzi. E continuando su questa strada, il risultato finale sarà quello di avere studenti orientati al lavoro, ma non adeguatamente formati per il mondo lavoro; con tante competenze trasversali, ma scarse competenze chiave; educati alle relazioni, o per meglio dire rieducati, ma profondamente svuotati da un punto di vista culturale e persino ideologico. Ecco, proprio in questo un ministro di centrodestra dovrebbe avere il coraggio di differenziarsi dai suoi confusionari predecessori di centrosinistra. La scuola dovrebbe infatti continuare a fare la scuola, o meglio (voglio essere provocatorio) ritornare a fare la scuola.
In aula non bisogna rieducare gli alunni
Si occupi, pertanto, dell’istruzione e della trasmissione della cultura e dei saperi agli studenti, piuttosto che dei loro sentimenti e della loro educazione. Anche perché, a indottrinarli ci pensa già, peraltro da tempo immemore (Gramsci docet), la sinistra. Valditara non cada dunque nella trappola, e si scrolli pure di dosso l’ansia di voler compiacere a tutti i costi i progressisti (esercizio inutile e controproducente), se davvero ci tiene a creare una discontinuità rispetto al recente passato e a rilanciare la scuola italiana. Su tale materia, rimandato al 2024.
Salvatore Di Bartolo, 29 dicembre 2023
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