Sul povero Seid Visin la sinistra ha speculato già a sufficienza. Quella lettera del 2019 aveva ingolosito troppo i Saviano, i Marchisio, le Murgia, talmente ansiosi di puntare il dito sull’Italia e sui sovranisti razzisti, da non desistere nemmeno quando il papà del ragazzo suicida ha smentito tutte le ricostruzioni della stampa progressista. Ma adesso è spuntato fuori un nuovo elemento ancor più clamoroso: la mamma del giovane di origini etiopi, intervistata da un’emittente campana, ha rivelato: “Durante il lockdown Seid era chiuso in una stanza a Milano, 24 ore su 24. Ed è là che è iniziato il suo disagio”. Una rivelazione deflagrante, che casualmente i media, a eccezione del Secolo d’Italia e di pochi altri, hanno quasi del tutto ignorato. Che cosa dovrebbero dire i Saviano, i Marchisio e le Murgia, se fosse vero che a piegare la promessa del Milan non è stato il “razzismo sistemico”, non sono state le discriminazioni fomentate da Matteo Salvini o Giorgia Meloni, ma le restrizioni dell’emergenza Covid?
In fondo, che alcuni gravi disturbi come la depressione potessero essere aggravati dalle chiusure, lo avevano già denunciato diversi studiosi, che hanno coniato la definizione di “pandemic fatigue” (legata tanto alle restrizioni, quanto alla difficoltà di intravedere una via d’uscita dall’epidemia). Addirittura, secondo l’Oms, il 60% degli europei avrebbe manifestato sintomi riconducibili a questa condizione. E al lockdown, nel marzo scorso, alcuni esperti attribuivano la causa scatenante di almeno un caso di depressione su 5.
Se quella offerta dalla mamma di Seid è la dimostrazione ultima dell’inattendibilità dei profeti della sinistra sulla presunta segregazione, essa è anche un ribaltamento radicale del paradigma adottato dagli estensori del pensiero unico: lo sfortunato ragazzo non è stato una vittima del razzismo, bensì delle chiusure. Le quali, a quanto pare, potrebbero aver aggravato certe sue fragilità. Un destino che fa ancora più riflettere, se è vero che ormai persino i membri del Cts considerano poco probabile infettarsi all’aria aperta.
Bene. Adesso che si conosce la verità, o almeno quanto raccontato dai genitori della giovane vittima, forse servirebbero un paio di mea culpa da parte di chi per giorni non ha fatto che rilanciare la bufala delle discriminazioni. Non servono fiumi di inchiostro, per carità: solo qualche riga per ribaltare la bugiarda teoria sugli italiani “schifosi” xenofobi. “Chiudete, chiudete, rassegnatevi – dice la mamma di Seid – la sua fine non è dovuta a quello che state scrivendo”. Ma il suo grido probabilmente resterà inascoltato. Perché anche il pudore dei sinistri, ormai, sembra essere finito in lockdown.
Giuseppe De Lorenzo, 8 giugno 2021