Cronaca

Sul “compagno” ucciso a Venezia tonnellate di ipocrisia dei centri sociali

© STILLFX, Kevin Brine e Layer-Lab tramite Canva.com

Quando scendo alla stazione dei treni di Padova mi dispongo mentalmente alla battaglia, essendo la stazione di Padova uno dei luoghi più pericolosi e più abbandonati a se stessi. Come a Cesena, per dirne un altro. Non lasciatevi ingannare dalle chiacchiere di chi non viaggia mai, i giornalisti che più che Milano e Roma non bazzicano e trovano sempre il taxi sotto al treno o l’aereo. I veri inferni in terra italiana sono altri e sono insospettabili, sono piccoli. Mestre non sarà Padova e il moldavo che ha accoltellato a morte il giovane Stefano Gobbato, dei centri sociali, accorso a difesa di un’amica, non sarà un africano o nordafricano, ma cambia qualcosa?

Eppure colpisce, se non stupisce, la falsa coscienza ostinata del centro Rivolta frequentato dal giovane coraggioso e incauto: “Giacomo è morto perché non si è girato dall’altra parte, non ha fatto finta che tutto andasse bene perché era un fratello generoso che quotidianamente lottava contro le ingiustizie, per un mondo più giusto e senza discriminazioni. È così che vogliamo ricordarlo, nelle sue e nelle nostre lotte, e per questo invitiamo tutt3 a vederci e stare insieme”. Così, col “3” che annulla i sessi, ai disadattati del Rivolta preme anzitutto questo, il conformismo semantico. “Impegnato in battaglie di sinistra” ricama Open, questa entità che mente dandosi arie di verità, ma la verità è che il Rivolta è uno dei centri della sovversione violenta, di quelli che poi sfornano i Casarini che si riciclano da agitatori di terra a mare e trattano i clandestini con l’appoggio dei vescovi, per i quali fondamentalmente lavorano.

A Mestre, a due passi dal Rivolta, il nostro eterno bamboccione casinista aveva fondato la bettola “Allo sbirro morto”, gaiamente frequentata da quelli del Rivolta ed altri. E adesso fanno le mammole, fanno i teneroni: “Ora diciamo solo che esigiamo di non essere usat3 da chi semina odio. C’è un colpevole. È una persona, una singola. Non importa dove sia nato o di che colore abbia la pelle. E tutto questo succede in una città abbandonata da anni a se stessa. Non accettiamo strumentalizzazioni”.

Ma chi davvero strumentalizza? Non un bel servizio, questo esercizio di ipocrisia gesuitica, per il loro compagno “figlio di imprenditore” che si divideva fra street art e musica. Davvero incredibile l’impunità degli anarcoidi da bettola del Rivolta che danno la colpa alla “città abbandonata da anni a se stessa”. Quanto a dire come la vorrebbero loro, come vorrebbero il mondo: una Babele di tagliagole e disperati fuori da ogni controllo, laddove se li rimpatri o li respingi mandano minacce di morte al Salvini di turno, in fama di fascista e stragista. Rivolta contro chi, compagni? Contro la Nemesi che vi coglie? Contro la vostra dissonanza cognitiva, la vostra ipocrisia? Contro il sindaco Brugnaro a capo della città dove niente più tiene? Ma siete voi ad averla predicata così, voluta così. Nel borgo marinaro dove vivo, proprio davanti al Comune, che lo tollera e se mai lo sostiene, hanno messo un’osteria cui piace chiamarsi centro sociale i cui muri pitturati recitano slogan cretini: “Welcome refugees”, “il mostro è mio amico”. Con la petulanza dei bambini presuntuosi e inconcludenti. E adesso invece di tacere e cancellare le scritte, per dire di svegliarvi, ancora vi attorcigliate nei vostri viluppi demenziali, nelle vostre bugie pericolose il ventiseienne Giacomo ha fatto una cosa eccentrica dalla subcultura cui apparteneva, ha cercato di fermare un delinquente in difesa di una donna, senza il 3 degli anarcoidi bigotti, e ne è stato pugnalato.

Ma i compagni del Rivolta, prontissimi: “Non accettiamo strumentalizzazioni”. Che è come dire non accettiamo la realtà, non vogliamo fare i conti con la nostra visione del mondo che è assurda e impraticabile. Il male esistendo, i farabutti esistendo e dovendoci fare i conti ogni giorno. E allora perché moltiplicarli, fingendo che siano altro, che le colpe siano sospese nel cielo dell’utopia, che la “città abbandonata a se stessa” dipenda a fumisterie come il capitalismo ingiusto e crudele? Che se ci fosse una sana società di nullafacenti e nullatenenti le cose andrebbero meglio? Sì, lo hanno predicato, lo predicano da due secoli questo socialismo lunare, senza più classi né bandiere, ma la realtà si incarica puntualmente di demolire i fanatismi di comodo: di molto, moltissimo si può incolpare il capitalismo cresciuto sulla durezza e l’ingiustizia peggio ancora il post capitalismo che ha imposto una totale irresponsabilità e la venerazione della ricchezza amorale quale unico dio, cancellando tutti gli altri, ma ferocie e meschinità non c’erano anche prima, non appartengono alla malapianta dell’uomo assai prima delle sue costruzioni economiche e politiche? Davvero tutto si può spiegare, ossia rigirare, con la favola del capitalismo che genera risentimenti e appetiti?

Questi del Rivolta non fanno un buon servizio all’amico caduto in difesa di una amica, dovrebbero dire, in suo rispetto: ci siamo sbagliati, così non funziona e adesso ci svegliamo. Oppure, all’estremo della coerenza, dovrebbero incolparlo di avere tentato a mani nude di arginare la furia di questo capitalismo onirico che tutto spiega e tutto giustifica. Invece restano in mezzo al guado e se la cavano con le formule dei piccolo borghesi che “qui lo dicono e qui lo negano”, coi “3” al posto della sessualità stabilita dal Padreterno o dalla genetica. Ma delle due l’una: o Giacomo ha fatto bene, e ne è stato punito, e quindi la visione dei casinisti del Rivolta ne esce travolta. Oppure ha fatto male e bisogna insistere con più “welcome refugees”, ma fino a quando? A completo sterminio dei rari compagni eroici del Rivolta a tutto vantaggio degli parassiti o degli affaristi alla Casarini?

Apprezzabile che il sindaco Brugnaro non infierisca in un momento simile, il che non sarebbe successo a ruoli invertiti essendo la sinistra post comunista eternamente comunista, cioè sciacallesca. Però i conti con la logica prima o poi vanno fatti: c’è un covo di inetti violenti che inneggia al Salvini appeso per i piedi, siccome ha tentato un argine, e c’è una magistratura pronta a giustiziarlo con una condanna che neppure a uno stragista; nello stesso tempo un balordo moldavo uccide uno di quelli che li vogliono accogliere a tutti i costi, che rifiutano ostinatamente ogni ragione. E gli stessi chiedono di non strumentalizzare la realtà, si rifugiano nella sociologia anticapitalista? Dicendo però che è un caso isolato, “una singola persona”? Andassero a discuterne col loro compagno salvatosi dalla fogna, il Casarini trafficante di questi qua.

Max Del Papa, 22 settembre 2024

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