Nella millenaria storia del meretricio burocratico di potere, mai si era assistito a qualcosa di più osceno, nel senso beniano di “fuori di scena”: entra oggi in vigore il super green pass, quanto a dire la perversione più depravata che mente disumana potesse concepire: serve a diffondere il contagio invece che ad arginarlo, ma soprattutto serve a non far capire più un cazzo a nessuno: neanche Alan Turing riuscirebbe a orientarsi nella selva delirante di distinguo, casistiche, eccezioni, deroghe, applicazioni, controapplicazioni, differenze e se poi il posto in cui si vive cambia di colore, altra trovata da manicomio criminale, tutto si rimescola, tutto si ricomplica.
Chi gode a mostrare il greenpass
Meccano più che meccanismo, squisitamente carognesco, dimostrazione di forza che non finirà bene anche perché forza bullesca, immatura: gli specchietti, i colori, le freccette, solo per costringere otto milioni di refrattari all’alienazione di cui vibrano quelle con qualche problema, tipo le Myrta e le Littizzetto che “godono nel mostrare il greenpass”. O la Lucarelli che fa un caso di status siccome non glielo chiedono al ristorante. Poi ci sono le miserie dei virologi o succedanei, quelle del Burioni non si contano più, sono quasi più numerose delle sue topiche, e sono deprimenti per volgarità testuale. A proposito di dati svolazzanti, c’è questo gastroenterologo, Cartabellotta, quello della fondazione Gimbe in odor di indipendenza, che non si capisce perché venga presa a Vangelo quando il suo capo si produce su Twitter in filastrocche su quelli “senza vaccino che mangiano un tramezzino al chiuso di uno stanzino”.
Pronti alla quarta, quinta e sesta dose
Ma questi sono mai diventati adulti? O la notorietà effimera gli ha picchiato sul cervello? Ogni tanto torna in auge anche il Galli, infettivologo sessantottino, che vuole i pranzi di Natale in mascherina e senza abbracci; Pregliasco preferirebbe vietarli tout court, tanto lui Natale lo fa sempre da solo, e probabilmente neanche si sopporta; e già si apre l’asta per le dosi successive, quarta, quinta, ventesima, e già si punta a vaccinare i feti, i bambini di 5 anni non bastano più anche se Locatelli si compiace del “regalo di Natale” per loro: una siringa. Tutta una follia maledetta, una divinizzazione della pozione, tutta una peste nera per chi non ce l’ha, una sifilide, malattia del peccato, e l’odio e il disprezzo verso i “no” cresce, assume un sapore nazistoide, travalica ogni considerazione per nutrirsi di se stesso, giustificarsi in se stesso, arriveremo al linciaggio come nell’Alabama razzista.
Il green pass copre gli errori
E per cosa? Per una malattia che non si riesce a debellare perché non se ne sa ancora abbastanza. Per una pozione che promette e non mantiene e più la moltiplicano più scatena i suoi controeffetti. Per un regime che si blinda per durare. Per le manovre con cui scegliere il prossimo Capo dello Stato, e poi il prescelto lo chiameranno “Presidente di tutti gli italiani”. Per trovare un capro espiatorio e distrarre dai fallimenti continui. Per un super green pass di impossibile comprensione e ancor meno realistica applicazione, che però un risultato lo otterrà: accumulare multe su multe, per forza di cose. Ma basterà fotterli con le loro stesse armi, basterà rifiutarsi di pagare in massa e allora si vedrà che uno Stato bizantino, ridondante e arrogante non sa neppure dar seguito alle minacce, si arena nella sabbia dei suoi stessi disservizi, della sua paludosa impotenza.