Non che ci volesse un genio per capirlo né uno studio chissà quanto accurato. Bastava osservare la realtà. Però di fronte a certe rivendicazioni di Giuseppe Conte, papà e gran sostenitore Superbonus 110%, l’analisi di due ricercatori della Banca d’Italia è utile per rimettere le caselle a posto: negli anni post pandemia, a causa del credito fiscale, i costi delle costruzioni sono aumentati di circa il 20% e la maxiagevolazione è responsabile del 50% di questo incremento. Vi pare poco?
Non lo è. Lo dicono chiaramente Francesco Corsello e Valerio Ercolani nel loro paper dal titolo ‘Il ruolo del Superbonus nella crescita dei costi di costruzione delle abitazioni in Italia’. Secondo i due ricercatori di Bankitalia, i costi hanno iniziato a salire in modo vertiginoso proprio nel 2021 un po’ per colpa del ciclo inflazionistico che ha colpito tutta l’Europa, ma soprattutto per l’avvio del programma per le ristrutturazioni “coperte” al 110% dallo Stato. Cioè dai contribuenti. Gran parte dell’aumento del 20% dei costi, dicono gli esperti, è da far ricadere proprio sugli incentivi edilizi approvati tra il settembre del 2021 e il dicembre del 2023. In fondo, se lo Stato copre praticamente l’intero costo dei lavori, perché impegnarsi a cercare un costruttore che applichi il prezzo più vantaggioso? Perché impegnarsi a negoziare?
E pensare che Giuseppe Conte ha sempre difeso la misura, rivendicando addirittura che se l’Italia è in piedi lo si deve in grande misura proprio alla sua operazione bonus. Un annetto fa al Forum, Ambrosetti disse che se nel biennio 2021-2022 siamo stati “la locomotiva d’Europa” lo si deve proprio al Superbonus. “Non è Tele5stelle a dirlo – disse Conte – è scritto nella relazione dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, che il 40 per cento di quell’11 per cento di pil è dovuto a questo meccanismo”. A parte che i numeri non dicono esattamente questo, ma anche fosse così occorre chiedersi: a quale prezzo?
Come faceva notare Claudio Romiti qui, infatti, occorre tenere conto di quanto ci costi oggi quella misura keynesiana (che in molti, non solo il M5S, hanno negli anni sostenuto). L’Agenzia delle entrate stimava qualche mese fa costi complessivi intorno ai 160,5 miliardi, a cui occorre togliere circa 7 miliari di frodi e truffe. Una cifra abnorme che – Giorgetti dixit – avrà “effetti devastanti” sul deficit e soprattutto sul debito pubblico che continuerà ad aumentare anche per colpa della misura voluta da Conte. Per il 2025 parliamo di un fardello di 38 miliardi di euro che vengono di fatto “tolti” dalla disponibilità dei governi per impostare misure fiscali alternative (la manovra si ferma, per dire, a 30 miliardi). Meloni non a caso l’ha definito “un mostro” colpevole di aver “distrutto le condizioni della finanza pubblica” nonché “la più grande patrimoniale al contrario mai fatta”, con un costo di 2-3mila euro per ogni singolo cittadino italiano. Bebè inclusi. L’osservatorio britannico di Oxford Economics l’ha peraltro decretata come “la peggior misura di politica fiscale attuata in Italia negli ultimi dieci anni”. Ora lo certifica anche la Banca d’Italia.
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