Superbonus, ora spunta il dossier: “A rischio 25mila imprese”

Sul superbonus parla il presidente di Unimpresa: “C’è il rischio che saltino 130mila posti di lavoro e 25mila imprese”

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Ritardi, omissioni, inadempienze statali. È questa la realtà che sta caratterizzando il Superbonus, incentivo per le ristrutturazioni edilizie introdotto dal governo Conte II, dopo l’inizio della pandemia, e già modificato dal decreto Aiuti quater dell’esecutivo Meloni. Un intervento volto “a correggere le distorsioni” – come affermato dal premier in carica – e che ha ridotto la percentuale delle case unifamiliari, dei condomini e edifici di unica proprietà composti da due a quattro unità al 90%. Intervento, però, che troverà la sua applicazione a partire dal 31 marzo 2023.

A creare il panico sull’incentivo è stato il dossier del Centro studi di Unimpresa, che ha mostrato un quadro da vero e proprio allarme, col rischio di far saltare un numero abnorme di aziende, addirittura fino a 25mila imprese e 130mila posti di lavoro. Come riportato anche dall’agenzia Adnkronos, infatti, “il superbonus per le ristrutturazioni edilizie sta tenendo incagliati circa 15 miliardi di euro di crediti fiscali e sta bloccando 90.000 cantieri”. Una situazione che deriverebbe essenzialmente dalla raggiunta capienza fiscale da parte delle banche, pari a 81 miliardi di euro, “mentre il totale del giro d’affari dei bonus per l’edilizia ha raggiunto la quota di 110 miliardi, cifra assai superiore, peraltro, rispetto ai 72 miliardi inizialmente stimati”.

Ma il dossier mostra un altro aspetto fondamentale, ovvero quanto l’incentivo sia divenuto più costoso rispetto alle stime iniziali. Partendo da un valore pari a 25 miliardi di euro, oggi l’incentivo sfiorerebbe addirittura i 61 miliardi di euro. Stiamo parlando di più del doppio della somma prevista originariamente, che nei fatti ha portato ad un errore di previsione corrispondente a uno scostamento del 70%.

Per approfondire:

Una situazione, però, che potrebbe essere risolta attraverso l’intervento degli enti regionali, come affermato dal presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. La discesa delle società finanziare delle regioni, infatti, porterebbe all’acquisto dalla banche “dei crediti fiscali che il settore bancario non può più gestire, a motivo del raggiungimento dei limiti stabiliti dalle norme tributarie”. Una mossa che potrebbe risolvere la penuria di 5 miliardi di euro per evitare il fallimento immediato di migliaia di imprese. E ancora: “Chiedo, pertanto, al governo di convocare urgentemente i presidenti di regione e di discutere una azione organica per risolvere il blocco dei cantieri e il consequenziale dissesto di molte attività di impresa. Non solo nel campo dell’edilizia in senso stretto, ma anche di molte attività connesse alle ristrutturazioni e ai lavori”.

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