Superbonus, perché bisogna temere lo stato (anche se ci fa regali)

Gli scritti di Sergio Ricossa, economista e liberale vero, per leggere il presente

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Timeo Danaos et dona ferentes”: allo stesso modo, lo Stato bisogna temerlo anche, forse soprattutto, quando porta regali. Ad esempio, quando in virtù di provvedimenti creativi, ti promette che potrai ristrutturare la tua casa gratis. Evviva! Nessuno paga niente. Forse.

La storia economica è costellata di personaggi creativi che, appoggiandosi a certe teorie “scientifiche” hanno progettato provvedimenti di politica economica e di scienza delle finanze attraverso i quali lo Stato interviene (come l’elefante nella cristalleria) per “sviluppare l’economia”. E ad ogni nuova generazione di politici, che agiscono per lo più per sentito dire, il ciclo si ripete. Con gli stessi errori, appoggiati sulle spalle degli stessi osannati economisti che di quelle teorie e di quegli errori sono gli artefici e i messia.

Le altre puntate:

  1. Così si manda in rovina un Paese
  2. La lezione da imparare: non esistono i “soldi dello Stato”
  3. Meloni, senti qui: per governare bene, governa meno
  4. Perché è giusto protestare contro le tasse (e ridurle)
  5. Così si manda in rovina un Paese
  6. La lezione da imparare: non esistono i “soldi dello Stato”
  7. Meloni, senti qui: per governare bene, governa meno
  8. Perché è giusto protestare contro le tasse (e ridurle)
  9. Innovazione e sviluppo, altro che “decrescita felice”
  10. La differenza tra un borghese e un collettivista

Nel suo formidabile libro Maledetti economisti. Le idiozie di una scienza inesistente (Rizzoli 1996), Sergio Ricossa ci ricorda quanto segue:

Marx, si sa, disse un giorno: ”Non sono marxista”, e Keynes in una lettera del 1946, l’ultimo anno di vita, scrisse: ”Non sono keynesiano”. Troppo tardi. I nuovi economisti e i politici nuovi e rinnovati, che nel nome di Maynard Keynes, divenuto Lord Keynes, commisero efferatezze, formarono legioni. Il preteso fallimento del mercato, dichiarato a Cambridge, autorizzò ogni furbo a candidarsi, sempre in nome di Keynes, per la direzione dell’economia, una direzione a base di finanza allegra, aumento disinvolto della spesa e del deficit pubblico, della quantità di moneta e dei salari.

[Keynes] condannando la metaforica mano invisibile smithiana, dava fiducia alla non metaforica mano visibile e “infallibile” del pianificatore. Alla illusoria concorrenza perfetta sostituiva l’altrettanta illusoria pianificazione perfetta: una pianificazione rivolta all’eutanasia del capitalismo, per farlo morire dolcemente, non di violenza alla Marx”.

Ancor oggi assistiamo, in vari paesi del mondo, a spettacoli interessanti su questi argomenti, con nazioni che presentano inflazione al 150% e altri miracoli del genere, dovuti a programmi basati sulle suddette teorie economiche presunte “scientifiche”.

E anche in Italia si persevera. Tutti keynesiani, nella migliore delle ipotesi. Con intrusioni stataliste sempre più creative nell’economia di un paese ingessato da ideologie dimostratesi ampiamente fallimentari.

“Historia magistra vitae”. Oppure, come suggeriva Oscar Wilde, “il numero elevato di seconde nozze è la prova che la storia non insegna proprio nulla”.

Fabrizio Bonali, 21 febbraio 2023

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