“Superpensionati, negazionisti”: gli insulti del Fatto agli scienziati del clima

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Credo sia ormai tempo di ridefinire chi debba fregiarsi dell’appellativo di negazionista climatico. La parola non ci piace e mai l’avremmo usata, se non fosse che ora si ritorce contro chi l’ha inventata. Se quindi, nostro malgrado, insistiamo ad usarla, non possiamo che affibbiarla a coloro che negano che il cambiamento climatico sia una faccenda – come di fatto è – esclusivamente naturale. L’uomo non c’entra niente? – direte. No: qualunque ipotetico contributo umano è nascosto nel rumore di fondo delle cose naturali.

Cosicché, se vogliamo citare i personaggi più quotati – o per scienza, o per responsabilità politiche, o per fama (immeritata o meno che sia) – sono negazionisti climatici l’Ipcc, Joe Biden, Sergio Mattarella, Al Gore, e giù giù fino a individui che, invece, sono famosi solo perché la Tv fa diventare tali anche i più insignificanti degli uomini. Intendiamoci: nessun uomo è insignificante, ma quel che voglio dire è che moltissimi che meriterebbero fama non l’hanno solo perché il tempo per essere conosciuti è spesso più lungo della loro vita, mentre la tv ha il potere di dar istantanea fama a individui che senza la tv rimarrebbero per sempre in quell’ombra ove inevitabilmente rientrano non appena si spengono o i riflettori del palco o la medesima loro vita. Ciò che accomuna i negazionisti climatici per come li ho appena ridefiniti è una discutibile onestà intellettuale, della cui ragione, per quanto la cerchi, io stesso, devo ammettere, non mi capacito. Per esempio, in molte occasioni codesti negazionisti climatici sono stati sfidati per un confronto, ma se ne sono sempre sottratti.

L’ultimo che voglio citare, solo perché mi riguarda personalmente, è il caso del geologo Mario Tozzi, che è stato da me sfidato a rispondere alle mie obiezioni su alcune sue affermazioni che ha potuto enunciare, senza alcun contraddittorio, grazie all’ospitalità della Rai, una tv che, pur pubblica, cioè sostenuta dal denaro dei contribuenti, fa un pessimo servizio pubblico giacché sistematicamente esclude fior di scienziati professionisti da un dibattito che ha assunto, immeritatamente, valenza politica. A proposito di discutibile onestà intellettuale che cova tra codesti negazionisti fatemi commentare – pubblicato dal Fatto Quotidiano – un recente articolo di tale Francesco Sylos Labini. Costui sarebbe un fisico ma, come ora vedremo, o non ha capito come il metodo scientifico funziona oppure la sua onestà intellettuale traballa.

Egli comincia col definire negazionisti climatici «coloro che sostengono che non vi sono cambiamenti climatici». E qui cominciamo male, giacché nessuno al mondo sostiene questo. In particolare, non lo sostengono certamente coloro che Sylos Labini vorrebbe criticare. Anzi, per dirla proprio tutta, sono lui e i suoi sodali a sostenere, senza neanche accorgersene, che non vi sono cambiamenti climatici. Scrive infatti il Nostro: «c’è un accordo universale che il clima stia cambiando e che la cosa è dovuta alle emissioni di CO2 da parte dell’uomo». La logica conseguenza è che senza le emissioni umane non ci sarebbero cambiamenti climatici: quindi il negazionista è lui.

Di solito la contro-obiezione è che il riscaldamento globale degli ultimi 150 anni sarebbe occorso con velocità “senza precedenti”. Ma questo è falsificato da tre fatti:

1. negli anni 2000-15 il riscaldamento si era arrestato (perfino l’Ipcc si riferisce a quelli come anni di «hiatus», nella accezione di “interruzione”);

2. negli anni 1940-80 il pianeta addirittura rinfrescava (altro che accelerato riscaldamento!);

3. se negli anni 1980-2000 la temperatura media globale aumentava di mezzo grado, negli anni 1690-1720 lo fece di un grado e mezzo, cioè con velocità doppia, e questo senza alcun possibile intervento umano.

Nel proprio articolo Labini si riferisce ai suoi negazionisti asserendo che il mondo rimprovera loro di sottrarsi al confronto scientifico, mentre è esattamente il contrario, come dicevo all’inizio. Considera eccezionale la circostanza di un articolo, accettato e pubblicato, i cui quattro autori (tutti italiani) dimostrano, dati alla mano, l’assenza di emergenza climatica.

L’articolo indispettì uno dei più pervicaci e impuniti mistificatori climatici – tale Michael Mann, a suo tempo coinvolto nel famoso scandalo scientifico noto come Climategate, ove Mann aveva falsificato i propri dati. Anziché scrivere egli stesso una pubblicazione per confutare il lavoro dei quattro italiani, Mann si mise a fare il diavolo a quattro con i media, inducendo la rivista a ritrattare l’articolo. Un comportamento da parte della rivista inusuale, che ha fatto scalpore da sé. Alessandro Rico ne ha fatto resoconto in un articolo su La Verità e che consiglio di leggere.

Ma vediamo cosa ha da dire Sylos Labini sulla questione. Nel merito, non ha da dire nulla, tant’è che esordisce così: «L’articolo è stato scritto da 4 scienziati italiani che non fanno ricerca nel campo dei cambiamenti climatici». La frase è auto-contraddittoria, perché se uno ha scritto un articolo – anche uno solo – in un campo, allora vuol dire che in quel campo sta facendo ricerca. Non è solo logica debole, che però stupisce stia nella testa di uno che dice di aver studiato fisica, ma palese menzogna, giacché almeno due degli autori hanno dedicato molti anni di ricerca allo studio dei cambiamenti climatici: uno è il dr. Luigi Mariani, che studia il clima in connessione con lo sviluppo dell’agricoltura, e l’altro è Franco Prodi, professore di Fisica dell’Atmosfera e per molti anni Direttore dell’omonimo Istituto del Cnr.

Mosso dall’invidia tipica degli uomini piccoli, incapaci di riconoscere e apprezzare coloro che sono migliori, incapace anche di non essere volgare, Labini con disprezzo qualifica il prof. Prodi “ultra-pensionato”. Un altro autore dell’articolo è il Prof. Renato Ricci, allievo del premio Nobel Louis De Broglie, Direttore di laboratori di fisica nucleare di rilevanza nazionale, presidente della Società europea di fisica e per ben 17 anni consecutivi di quella italiana, che Labini derubrica a «un novantaseienne». Mi chiedo come si attenda Labini di essere trattato quando arriverà, anch’egli, alla pensione e all’età di 96 anni.

Non una parola nel merito dell’articolo, e sì che Labini sarebbe un fisico. Altra cosa che gli viene da scrivere è manifestare la propria «sorpresa» per il fatto che i tre revisori avessero tutti raccomandato la pubblicazione dell’articolo dei quattro italiani. Anziché sorprendersi, non gli sovviene che l’articolo fosse corretto. Ma perché si sorprende? Perché – scrive – l’articolo accettato affermerebbe cose «opposte di quelle affermate dal 97% dei climatologi».

Insomma, seguendo la logica di questo curioso fisico, la sorpresa del mondo al cospetto dei Discorsi di Galileo Galilei o dei tre articoli del 1905 di Albert Einstein, sarebbe stata sufficiente a rigettare quelle opere il cui contenuto è opposto a ciò cui credeva il 97% degli scienziati del tempo. Senza insistere che questa del 97% dei climatologi è una colossale menzogna – come è stato da più parti inequivocabilmente provato, cosa che Labini certamente non ignora – rimane il fatto che, per chi conosce il metodo scientifico, la cosa è irrilevante. Il metodo scientifico prevede che a stabilire l’attendibilità di una congettura sia non la maggioranza degli scienziati ma i fatti. E Labini non adduce alcun fatto, dimostrando così di non conoscere questo potente metodo di acquisire conoscenza, che avrebbe dovuto essere il faro dei suoi studi di fisica.

Alla fine cosa hanno nel sacco questi negazionisti del clima come fenomeno esclusivamente naturale? Niente, aria fritta. L’unico loro argomento è: «Lo dicono tutti, perciò deve essere vero». Sylos Labini conclude il suo pistolotto con l’Amletica domanda: come mai non si dimette il comitato di redazione della rivista che ha pubblicato l’articolo dei 4 italiani? Ancora una volta curiosa logica, che induce a noi di stare al suo futile gioco e porci la stessa domanda: si dimetterà il comitato di redazione del Fatto Quotidiano, ora che sta avendo la dimostrazione che l’articolo di Labini non vale l’inchiostro speso per stamparlo?

Franco Battaglia, 8 settembre 2023

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