Svezia, 3 cose che le elezioni ci hanno detto

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Mi piace commentare i risultati delle elezioni politiche in Svezia partendo da un mio Cameo di un anno e mezzo fa. La mia solita analisi, elaborata utilizzando una serie di informazioni, segnali deboli prodotti dal modello svedese in essere, ove mi chiedevo, allora, come ciò avrebbe impattato sulle elezioni del 9 settembre 2018. Ci siamo arrivati

Sintetizzo i 4 punti della mia analisi di allora:

1. Un tempo, i più colti di noi si erano lamentati del mondo bipolare (America-Urss). Oggi che siamo “multipolari e multiculturali”, come ci ritroviamo? A me pare che il disordine globale e la confusione locale regnino sovrane.

2. Per osservare i disastri prodotti dal multiculturalismo è sufficiente volare a Stoccolma. Fatelo, vi prego. Un suggerimento personale: visitate la Svezia, ma visitatela come fosse il polo museale del mondo che verrà. Qui capirete come vivremo o come vivranno i nostri figli o nipoti. La Svezia, avanguardista e riformista, da un secolo persegue una certa politica. Questa iniziò con lo slogan “Welfare garantito dalla culla alla tomba”, ora le culle sono state svuotate, l’eutanasia di stato incombe sul welfare, che l’ha portata, attraverso un percorso in discesa ad essere una curiosa costruzione socio economico culturale, spacciata per civiltà. Una modalità che ha sedotto pure le felpe di Silicon Valley.

3. In tre giorni si possono visitare le più significative 55 no-go areas (l’equivalente scandinavo delle banlieue francesi, le Zus, zoine urbaine sensible). Sono aree cittadine extraterritoriali dove le ambulanze, i pompieri, il postino (le tre libertà basiche per ogni popolo) possono accedere solo se scortati dalla polizia che, a sua volta, deve contrapporsi a continue guerriglie urbane a base di lancio di pietre, biglie, a volte colpi di pistola. Poveri poliziotti, aggrediti per il solo fatto di palesarsi.

4. In un rapporto del 2014 (“En nationell översikt av kriminella nätwerk med stor päverkan i lokalsamhället) il paese è stato mappato, direi vivisezionato. Finita la lettura avrete la sensazione di un paese in completo dissolvimento etico. Non perdetevi un luogo mito, il quartiere periferico di Stoccolma, Rinkeby (stazione del metro), 16.000 abitanti, appena 800 svedesi, gli altri 15.200 sono di 60 etnie diverse e 40 lingue. Qualche anno fa la polizia l’aveva abbandonato al suo destino. Primo atto: la posta non viene più consegnata, può essere ritirata dalle 7 alle 10 al di fuori dei suoi confini, cioè in Svezia 1 (Rinkeby ormai è Svezia 2).

Le elezioni cosa ci hanno detto?

1. Il multiculturalismo ha preso sì due sberle ma le élite di sinistra e conservatrici hanno “tenuto”, i Democratici per la Svezia non hanno sfondato, sono risultati al di sotto del 18% (in dieci anni sono passati dal 5 al 18%, come la Lega in Italia). Di certo, la “spaccatura” del paese, innescata dall’immigrazione selvaggia anni fa, riverberatasi poi, fra centro e periferia, fra città e campagna, fra nord e sud, fra globalisti e sovranisti, sta proseguendo. Una curiosità che chiarisce tutto (fonte professor Lorenzo Lozzi Gallo): nel ghetto islamico di  Rinkeby le Sinistre hanno avuto oltre il 92% dei voti.

2. Sinistra e Conservatori devono fare la “grande coalizione”, come in Germania, così camperanno per un decennio, però il tema “Immigrazione-Sicurezza” sarà la loro maledizione, l’aspetto frenante sia della “sharia liberal” che del Ceo capitalism.

3. Secondo le analisi colte delle nostre élite e dei nostri media, nella giornata del 9 settembre il 18% degli svedesi si è addormentato democratico, si è svegliato fascista. Curioso.

Riccardo Ruggeri, 11 settembre 2018

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