Si salvi chi può. L’unico commento possibile per l’epoca che stiamo vivendo. La religione woke ha contagiato ogni parte della società e ogni volta che apriamo bocca siamo in difficoltà: bisogna fare attenzione a non offendere questo, a non offendere quello, a non citare quella minoranza, a elogiare forzatamente quell’altra minoranza. Il ritornello di insulti è pronto: razzista, fascista, xenofobo, omofobo e così via. La cultura del risveglio prima o poi si scioglierà come neve al sole ma l’anno che si sta per chiudere è stato tra i più folli mai attraversati. Per questo motivo abbiamo deciso di stilare l’alfabeto degli orrori woke: dalla A alla Z, ecco tutti i simboli dell’ideologia talebana che dobbiamo combattere.
A come Anglosassone: il termine”anglosassone” è la criptonite dei sostenitori del woke. Negli ultimi mesi diverse università hanno cancellato quella parola, causa suprematisti bianchi: si tratta infatti di un termine razzista che non rientra nel progetto di “decolonizzazione” degli atenei.
B come Biancaneve: il remake live action del classico Disney non è sopravvissuto alla religione woke. La protagonista è la latina Rachel Zegler, che non ha esattamente il colore della pelle di Biancaneve, anzi. L’altra faccia della medaglia della scelta dell’afroamericana Halle Bailey per il ruolo della Sirenetta. W le minoranze.
C come Colonialismo: uno dei punti di riferimenti dell’ideologia woke è il colonialismo. Sono letteralmente ossessionati con il suprematismo bianco e con tutte quelle menate. Ogni cinque-sei giorni spunta una nuova accusa di colonialismo: un giorno è la geografia, l’altro è la fotografia. Non stiamo scherzando, ci torneremo su tra poco.
D come Decameron: sì, il capolavoro di Boccaccio è finito ostaggio del woke. Scegliete voi le accuse, sono le stesse di sempre: omofobia, razzismo, misoginia. La rilettura di un grande classico attraverso il politicamente corretto. La morte dell’arte.
E come Edimburgo: non possiamo non citare la capitale della Scozia. Il governo stra-ultra-iper-progressista si è scatenato in questo 2024: dall’autocertificaizone per il cambio di sesso alla legge contro la propagazione d’odio che punisce la libertà di espressione per salvaguardare Lgbt e minoranze varie.
F come Fotografia: una delle vittime più recenti del clan del risveglio è la fotografia a causa del suo “passato sessista e colonialista”. La Tate Britain ha organizzato la mostra “The 80s: Photographing Britain” che offre uno sguardo sull’epoca di Margareth Thatcher, che secondo gli attivisti chiamati in causa rappresenta “uno dei decenni più critici del Regno Unito”. La tesi della galleria è semplice: la fotografia ha un “passato sessista e razzista” e gli artisti selezionati hanno provato ad affrontare questa macchia indelebile.Inoltre, il programma della rassegna evidenzia che “la fotografia era uno strumento prezioso per le potenze coloniali” poiché “hanno reso creato stereotipi razzisti che hanno legittimato la missione degli imperi”.
G come Green: beh, la dottrina green è uno dei punti di riferimento dell’ideologia woke. Non ci sono dubbi. Oggi se non tifi per le auto elettriche fai schifo, sei un reazionario, dovresti vergognarti. Chiuderti in casa e non uscire più. Tutti gli iper-progressisti hanno una macchina alla spina e probabilmente anche un monopattino, che non guasta mai. Anche perché i combustibili fossili sono razzisti e rimandano al passato colonialista dell’Occidente.
Hansel e Gretel: la celebre fiaba dei fratelli Grimm è stata rivisitata secondo le esigenze woke. Il Northern Ballet ha interpretato il grande classico in chiave ambientalista. Per darvi un’idea: addio alle briciole di pane, i due bambini gettano i rifiuti nel bosco.
I come Inquinamento: beh, dopo il green ecco l’inquinamento. L’Università di Liegi non ha dubbi: è tutta colpa dell’uomo bianco, cristiano ed eterosessuale. Per ulteriori approfondimenti iscrivetevi al corso obbligatorio di “Ecologia e sostenibilità” fondato sui principi del risveglio.
J come Jaguar: il rebranding woke della celebre casa automobilistica è tra le mosse più fallimentari della storia. Addio al logo e all’iconografia classica, ecco un manifesto di inclusività: una sfilata di modelli e modelle di razze e generi diversi, con la promessa di “eliminare l’ordinario” e “rompere gli schemi”. Di auto nemmeno l’ombra.
K come Kamala: la vittoria di Donald Trump ci ha risparmiato il governo americano più woke della storia. Vi immaginate la leader della Casa Bianca andare ai convegni internazionali e chiedere i pronomi preferiti? Sospirone di sollievo.
L come Lara Croft: l’eroina dei videogiochi è una vittima. La nuova versione è a dir poco fallimentare: il design progressista fa schifo ai fan. Addio alla femminilità, ecco un aspetto mascolino – lineamenti e fisicità soprattutto – che gli appassionati hanno stroncato senza mezzi termini. Come dargli torto.
M come Montoni: gli animali non c’entrano nulla, poveri, la colpa non è loro. Recentemente è stata lanciata la prima collezione di moda al mondo realizzata con lana di montoni omosessuali. Sì, esatto: montoni omosessuali. Parliamo del progetto Rainbow Wool, che andrà a finanziare le attività della Lsdv+, la Federazione Queer Diversity in Germania. Tutta questa sceneggiata per l’accettazione della comunità arcobaleno in tutto il mondo.
N come Natale: sì, anche il Natale è finito nel mirino della cultura del risveglio. Addio al bacio sotto il vischio: troppe preoccupazioni per le possibili accuse di abusi sessuali. Non è una boutade: in Inghilterra le vendite della pianta sono calate drasticamente. Ma non è tutto. Per fare felici i risvegliati, c’è chi ha detto addio a Babbo Natale per puntare su Mamma Natale, l’alter ego femminile di Santa Claus. Possiamo fermarci qui e non andare oltre? Ok, grazie.
O come Olimpiadi: Parigi 2024 è stato il trionfo del woke. Non ci riferiamo al buonismo dilagante che rende vincitore anche chi è sconfitto. Ma della clamorosa impronta iper-progressista su tutti i Giochi, dalla folle cerimonia di apertura a quella di chiusura. Un manifesto con protagonisti Lgbt, minoranze di ogni tipo e compagnia cantante, con tanto di rivisitazione offensiva dell’Ultima cena.
P come Patriarcato: un termine che non andrebbe nemmeno commentato, perché è tutto visibile a occhio nudo. Un giorno sì e l’altro pure si evoca il patriarcato, ma solo quando non c’entra nulla. Quando di mezzo c’è un islamico, l’unica parola che viene citata dai soliti noti è “islamofobia”. Eppure… vabbè, ci siamo capiti.
Q come Queer: il termine ombrello che non può mancare. Queer viene utilizzato per indicare coloro che non vogliono avere un’etichetta. Non è un caso che sia uno dei termini più in voga nell’epoca woke. Come se non bastasse, all’Università di Torino è stato istituito un corso che affronta alcuni dei temi classici della teoria queer (orientamento sessuale e di genere, femminismo, intersezionalità delle diverse forme di discriminazione), nonché temi solitamente trattati da altre prospettive (moda, medicina, architettura, teatro, ecc.) attraverso le lenti della teoria queer. Non infieriamo.
R come Razzismo: beh, bisogna aggiungere altro?
S come Servizi segreti: questa è bella. I servizi segreti britannici hanno lanciato un programma di stage vietato agli studenti bianchi. Avete capito bene: chi è bianco non può presentare la domanda. Possono partecipare solo neri, asiatici o appartenenti ad altre minoranze. Robe da pazzi.
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T come trans: sia chiaro, ognuno può fare quello che vuole nella sua vita. Il problema nasce quando a causa di questa ideologia woke dobbiamo fare i conti con assurdità di ogni tipo. Ad esempio con detenute trans (donne nate uomini) che possono andare nelle carceri femminili. Oppure quando una donna trans vuole competere nelle competizioni femminili e ottiene il via libera. Tutte situazioni che minano la sicurezza della donna, ormai difese solo dalla destra: la sinistra non correrà mai il rischio di perdere l’appoggio della comunità arcobaleno. Basti pensare che per il New York Times le donne biologiche sono “donne non transgender”…
U come Università: gli atenei italiani sono le roccaforti del pensiero woke. Occupazioni, rivendicazioni, castronerie.
V come Vendetta: il motore della religione woke è la vendetta. Gli ideologi di cotanta follia cercano riscatto per i presunti torti subiti nella storia, quindi non sorprende tale astio nei confronti dell’uomo bianco, occidentale, ricco ed etero.
W come Wicked: il film è terribile, ma vincerà diversi premi cinematografici per la sua componente woke. Basti guardare il tour promozionale, una sviolinata al clan del risveglio. Ma il punto è un altro. Il British Board of Film Classification ha appiccicato a Wicked alcuni trigger warning deliranti per contenuti sensibili. Per la precisione, hanno lanciato un avvertimento per la discriminazione nei confronti di “una donna dalla pelle verde” e per il maltrattamento nei confronti di “animali parlanti”.
X come… X: in questo elenco serviva un “buono”. E poi con la X non c’è grande scelta, obbiettivamente. La piattaforma social di Elon Musk è la nemesi della cultura woke. Ricordate tutti i grandi rappresentanti iper-progressisti che hanno abbandonato l’ex Twitter per colpa di mister Tesla? Ecco, quest’ultimo non sembra particolarmente preoccupato delle ripercussioni su lungo termine. La libertà di parola non ha prezzo, con buona pace dei professionisti della censura.
Y come Yoga: una delle fesserie più incredibili riguarda proprio lo yoga. Secondo un professore della Michigan State University, gli americani che lo praticano contribuiscono alla supremazia bianca.
Z come Zombie: non è freschissima, ma sui social è tornata virale poche settimane fa questa storielle impregnata di woke. Secondo un noto accademico, il professor Birkbeck dell’università di Londra, i racconti moderni sugli zombi riecheggiano una storia carica di razzismo. Occhi sporgenti da una figura emaciata con caratteristiche esagerate e grottesche: gli zombi potrebbero essere più popolari che mai, ma se si analizzano i loro tratti fisici, iniziano ad assomigliare a delle antiquate caricature razziste.In altri termini, gli zombie assomiglierebbero a delle antiquate caricature razziste.
Franco Lodige, 26 dicembre 2024
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