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Tachipirina e vigile attesa: il Tar boccia il protocollo Speranza

La sentenza del tribunale amministrativo del Lazio: accolto il ricorso del Comitato cura domiciliare

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Tachipirina e vigile attesa? Bene, ma non benissimo. La notizia infatti è di quelle che hanno un peso: il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dal Comitato Cura Domiciliare Covid-19, a firma del presidente e avvocato Erich Grimaldi e dell’avvocato Valentina Piraino, contro le linee guida ministeriali del 26 aprile 2021, per il trattamento domiciliare dei malati Covid. “Finalmente un punto fermo a una battaglia che portiamo avanti da due anni, è la fine della vigile attesa”, dice Grimaldi “il Governo, andando a vincolare i medici, ha di fatto privato i cittadini delle cure domiciliari precoci, paralizzando la sanità territoriale, e portato al collasso il sistema ospedaliero, con tutte le drammatiche conseguenze che migliaia di famiglie conoscono purtroppo molto bene”.

A finire nel mirino del Comitato era la circolare diramata dal ministero, e aggiornata il 26 aprile del 2021, in cui viale Lungotevere Ripa 1 fornisce ai medici italiani le informazioni su come trattare i medici. In particolare, la parte in cui “prevede unicamente una vigile attesa e somministrazione di fans e paracetamolo”, quella in cui “pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid”. E per il fatto che, “anziché dare indicazioni valide sulle terapie da adottare a domicilio”, prevede solo “un lungo elenco delle terapie da non adottare, divieto che non corrisponde all’esperienza diretta maturata dai ricorrenti”.

I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse da accogliere per diversi motivi.

1. “È onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito”.

2. “La Prescrizione dell’AIFA”, poi mutuata identica dal ministero della Salute, continua il Tar, “contrasta con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto della malattia Covid-19, come avviene per ogni attività terapeutica”.

3. “Il contenuto della nota ministeriale – insiste il Tar – imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale. Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto”.

I giudici hanno dunque annullato la circolare di Speranza sulla gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid. È prevedibile che l’avvocatura dello Stato promuoverà un ricorso al Consiglio di Stato, ma per ora il Comitato per le cure domiciliari ha segnato un punto a suo favore.  “Le scelte terapeutiche sono da sempre un dovere e un diritto dei medici, eppure chi ha curato a casa è stato ingiustamente bistrattato e accusato più volte di agire in malafede”, dice la portavoce del Comitato, Valentina Rigano. “Invece di ascoltare e recepire le costanti richieste di collaborazione che abbiamo più volte proposto al Ministero, per trovare una soluzione comune all’emergenza, chi ha preso decisioni ha ignorato le capacità e l’esperienza di migliaia di medici”. Una decisione, quella del Tar, che cristallizzerebbe il ruolo del medico di medicina generale e il suo scopo nella cura dei pazienti: “Agire e non lasciare i malati Covid ad attendere l’evolversi della malattia”. Checché ne dicano le linee guida ministeriali.

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