Sul tema della sanità pubblica, come è noto, si è da tempo incatenata la propaganda della sinistra e delle sue cosiddette cinghie di trasmissione del sindacato. Questa composita e sgangherata opposizione continua a sostenere in ogni ambito che l’attuale governo, che non sta certamente adottando la linea ultra liberista dell’argentino Milei, avrebbe massacrato di tagli la spesa in questo delicato settore.
Tuttavia, questa suggestiva narrazione è stata letteralmente sbugiardata dal manager e medico vicentino Domenico Mantoan, attuale direttore generale dell’Agenas, l’ente pubblico che svolge una funzione di supporto tecnico e operativo alle politiche di governo dei servizi sanitari di Stato e Regioni. Ebbene, come riportato dall’Ansa, intervenendo in un importante evento pubblico, il nostro ha posto una pietra tombale alle assurde – relativamente alla nostra quasi proibitiva gestione della spesa pubblica generale – rivendicazioni della stessa sinistra politico-sindacale.
Queste le sue illuminanti parole, che personalmente sottoscrivo in toto: “Nel 2026 avremo 140 miliardi destinati alla sanità: è una cifra mai raggiunta prima. Il problema è usarli bene questi soldi. Sono 140 miliardi di un Paese che ha 3mila miliardi di debito pubblico e usa il 16 per cento del Pil per pagare le pensioni, quando la Germania e la Francia destinano il 10% del Pil. Questa è la differenza. Questo è il massimo che possiamo fare e dobbiamo usarlo bene. Oppure facciamo una bella legge, mandiamo tutti in pensione a 70 anni con il sistema contributivo e avremo probabilmente 40 miliardi in più per la sanità. Naturalmente non si può fare”.
Ecco, come si vede dai numeri incontrovertibili citati da Mantoan, si evidenzia come chi si trova all’opposizione in questo disgraziato Paese – ed in questo la sinistra giallorossa appare imbattibile – tende a manipolare una parte dell’elettorato proponendo, in soldoni, l’eterna e fallimentare idea della botte piena con la moglie ubriaca. In tal senso, se è vero che l’Italia spende nella sanità meno di altri grandi Paesi europei (anche se, come sostengo da tempo, in Italia spesso i quattrini si gettano nello sciacquone, come dimostrano le spese folli realizzate durante la pandemia), nel complesso del welfare, che oltre alle pensioni include un sistema assistenziale estremamente dispendioso, noi siamo in vetta a tutte le classifiche mondiali.
Ovviamente, data l’enorme platea dei pensionati e di chi beneficia di riflesso delle loro entrate, l’idea di cavalcare i loro interessi fa da tempo gola un po’ a tutte le forze politiche, così come dimostra la storica propensione della Lega ad avvantaggiare un settore che ci costa un occhio della testa. Da questo punto di vista, malgrado la timidezza degli interventi previsti dall’esecutivo, il tentativo di contenere la voragine previdenziale, che nel 2023 ha registrato un incremento del 7,7%, assolutamente incompatibile coi nostri tassi di crescita, va comunque timidamente apprezzato.
Sta di fatto che, nel caso alle prossimi elezioni politiche dovesse vincere l’armata brancaleone guidata da Elly Schlein, adottando la linea economico-finanziaria che tanto piace a Maurizio Landini il Paese finirebbe in breve dell’inferno del sottosviluppo. Altro che chiacchiere.
Claudio Romiti, 7 novembre 2024
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