Task force sulle bufale, vizietto da comunisti

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Siamo sempre alla caccia alle streghe. Ancora e ancora. Il solito vizietto perverso dei comunisti, che restano tali anche col prefisso post-, e che senza l’intrusione, il bavaglio, la delazione non sono comunisti, non stanno bene con loro stessi, non si riconoscono abbastanza trinariciuti. Non sufficientemente degni della loro lugubre tradizione. Siamo alla caccia alle streghe con la pomposissima “task force” antibufale sul Covid-19, che, tradotto, si legge così: le notizie giuste, dunque ammissibili, dunque lecite, sono per decreto quelle che diciamo noi e solo quelle che diciamo noi e tutto il resto è da impedire, censurare e, se mai, punire. Ma quanti bei politburi Madamadorè, ma quanti bei politburi. E se, com’è accaduto di continuo in questi due mesi di coronavirus, gli stessi grossi scienziati si contraddicono? Se, come Burioni, passano dal dare dello scemo a chi resta in casa a dare dello scemo a chi s’avventura fuori casa? Se, come la Gismondo, vengono premiati con rubrichetta sul Fatto per meritorie topiche stratificate? Se i politici passano dagli aperitivi solidali e vagamente razzisti sui Navigli con giovane conduttore organico, a militarizzare la città? Niente paura, c’è sempre pronto il “contrordine, compagni!”, l’autocritica che si recita come segue: “dovete avete sbagliato, compagni?”.

Un momento, però: non c’era già la task force antirazzista e antifà per indagare e sanzionare, istericamente, pensieri & parole sgradevoli all’intellighenzia, si fa per dire, progressista, quella intitolata alla senatrice Liliana Segre, più sovraesposta di una serigrafia di Warhol? Che fine ha fatto, pure quella? Mah, non l’abbiamo scoperto neppure vivendo. Adesso che siamo in lockdown, lanciata dal piddino di turno, questo Martella degli dèi, piove la task force antivirale: Taci/Su le soglie di Twitter non odo/Parole che dici/Compagne; ma odo/Parole più stagne/Che parlano triste eresie/Sovraniste.

“Task force” con una composizione a dir poco esoterica: che c’entra il direttore di Fanpage (Fanpage?), che c’azzecca l’altro direttore di Pagella Politica (Pagella Politica?). Perché, lì in mezzo, c’è un editorialista di Repubblica, giornale che assegna al premier Conte un gradimento del 197%? Che mi vengono a significare taluni preclari docenti di Diritto di qua e Elaborazione di là? Poi c’è Puente, lo spioncino di Mentana. Virologi niente, e non è detto sia un male: ormai sono più onninvadenti delle pornostar, interpellate allo stesso modo circa il C-19, dove la lettera sta per Covid ma, volendo, anche per altro.

Vedi un po’ se, in un momento omerico come questo, era il caso d’inventarsi un altro carrozzone o carrozzina con funzioni pari a zero, a parte quel solito prurito di controllo. Eh, la smania comunista per l’apparato, la burocrazia, la sovrastruttura. Cosa sia chiamata a fare la “task force”, con quali compiti, limiti, poteri, ovviamente non viene precisato (è una costante dell’attuale governo rosso-rosso-giallo-rosso: produrre molta cacata carta, dalla comprensione nulla, e dalla scadenza ravvicinata, tipo latticino). Però, occhio: Puente, Fanpage e Pagella Politica ci guardano. Scrutano i nostri tweet, occhieggiano le opinioni, com’è che cantava Renato Zero? Muoio per sapere cos’hanno nella testa e nel cuore/Voyeur, voyeur, voyeur/Siamo un po’ tutti voyeur/Irriducibili spie/Smanie, segreti, bugie.

Occhio, dunque: siamo tenuti a uniformarci ai diktat dei competenti, anche quando sbarellano, anche quando non sanno, e di conseguenza non sappiamo, dove andare a parare. Occhio: un uomo ci guarda, come un tempo la pubblicità dell’intimo donna. Chi è? Puente. O Luna. O Martella. Dice: ma svolgeranno l’incarico gratis. Peggio mi sento: il senso del missionario, con relativa posizione, è quanto di più insidioso, non si ferma davanti a niente. Poi non è vero, non è mai vero: il genuino, forse unico senso di commissioni, organigrammi e task force non sta nell’assai presunta utilità quanto nell’esserci puro e semplice: come notava Indro Montanelli, l’importante è entrare a qualsiasi titolo in un giro istituzionale: da lì, non esci più, passi da un incarico all’altro, resti nell’alone del potere, organizzate, strutturate, qualcosa resterà.

Pazza idea, la commissione Covid: pensando, come sostiene Martella, di combattere “la disinformazione, non le opinioni” (seh, ciao core). Bislacca idea, quei quattro amici al bar di Internet che scolpiscono la verità. Squinternata ma pericolosa. Usurata, ma sempre buona. Sempre compagna. Sempre autoritaria. Per fortuna siamo in Italia, ove trovate di questo genere s’infrangono appena nate contro gli scogli del velleitarismo, dell’improvvisazione, del protagonismo, del settarismo e della fronda interna (che ne è della Commissione Segre?). Fortuna non siamo, come lor signori sognano, in Unione Sovietica o in Cina o in Cambogia. Fortuna che qui, al posto dei Berija, abbiamo i Raimo o i sardina Mattia, o gli elementi da sbarco delle task force, che basta una cadreghina pubblica a placarli. Fortuna. Siamo sempre alla caccia alle seghe (mentali), e così sia.

Max Del Papa, 6 aprile 2020

 

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