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Tassa extraprofitti, a rimetterci saremo noi correntisti

La scelta del governo di tassare retroattivamente le banche è una mossa puramente socialista

Tassa extraprofitti banche © anyaberkut e Victorburnside tramite Canva.com

Oramai è acclarato: nella cristalleria del governo è pieno di elefanti. Non mi viene altro da concludere nel valutare l’abominevole misura socialista che ha fatto crollare le quotazioni in borsa delle banche italiane. Quando ho letto che l’esecutivo di destra aveva deciso di tassare retroattivamente i cosiddetti extraprofitti delle stesse banche con un prelievo mostruoso del 40%, pensavo si trattasse uno scherzo di pessimo gusto. Invece, il “governo Robin Hood”, come lo ha definito encomiasticamente Repubblica, sta facendo sul serio, imponendo un prelievo straordinario ai nostri istituti di credito.

In particolare, l’imposta del 40% sarà strutturata in due blocchi: una parte calcolata sulla differenza degli interessi passivi e attivi tra l’esercizio 2021 e 2022 eccedente il 3% e un’altra parte calcolata sull’eccedenza del 6% maturata tra il 2021 e il 2023. In nessun modo, comunque, l’imposta straordinaria potrà superare il 25% del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio 2022. Nella generalità dei casi il contributo andrà versato entro il 30 giugno 2024, ovvero entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio 2023. L’imposta infine non sarà deducibile dalle imposte sui redditi e dall’Irap”. Ora, l’orrenda questione si presta ad alcune brevi considerazioni.

In primis, dato che tra le finalità della misura vi è quella di utilizzare il gettito ottenuto per alleggerire il carico fiscale degli italiani, come ha sottolineato con enfasi Matteo Salvini, da liberale vorrei ricordare a chi ci governa che la strada maestra per abbassare la tasse è quella di tagliare la spesa pubblica. Al contrario, abbassare il prelievo con altri prelievi, seppur fatto in questo caso ai danni dei “cattivoni” delle banche non ci porta da nessuna parte. Non è con le partite di giro demagogiche che possiamo pensare di rilanciare il Paese.

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In secondo luogo, come ha molto correttamente sottolineato Nicola Porro nella sua Zuppa quotidiana, è il concetto stesso di stabilire gli extraprofitti che fa accapponare la pelle. E per quanto si sbandieri la transitorietà della misura, che per la cronaca ha raccolto il consenso dell’opposizione di sinistra e di gran parte della stampa nazionale, in tal modo si stabilisce un pericolosissimo precedente di stampo socialista, in cui lo Stato si arroga il diritto di stabilire un tetto ai guadagni di chi fa impresa.

Infine, sul piano più generale, agli stessi elefanti che hanno elaborato questo colpo di genio, probabilmente perché obnubilati dal ritorno di popolarità che immaginano di ottenere solleticando la pancia del Paese, sembra essere sfuggito il piccolo dettaglio secondo cui in un sistema economico complesso le cose non si muovono affatto a compartimenti stagni. In realtà, come è sempre accaduto in simili frangenti, le cose si sistemano, per così dire, secondo la legge dei vasi comunicanti. Il che, nella fattispecie, si tradurrà nella più classica traslazione dell’imposta, la quale verrà scaricata in un modo o nell’altro sui clienti delle medesime banche, esattamente coloro che i novelli Robin Hood intendono tutelare con questo inverosimile provvedimento.

Tra l’altro, a margine del ragionamento, mettere le mani su un settore di estrema delicatezza qual è quello bancario, che si fa carico di sostenere buona parte del nostro colossale debito pubblico, era l’ultima cosa che ci si sarebbe aspettati da una maggioranza responsabile. Ciò nel senso di contemperare le ovvie ragioni di consenso con quelle meno visibili elettoralmente che tuttavia attengono alla tenuta complessiva del sistema Paese. In questo caso è chiaramente prevalso solo il primo aspetto.

Claudio Romiti, 8 agosto 2023