Vengon giù le banche, vengon giù gli aerei, vien giù l’acciaio. È l’Italia che vien giù. Qualcosa però sale: il debito, i disoccupati, le tasse, le nazionalizzazioni. Il fisco per il nuovo anno ci darà nuove cinque tasse: plastic tax, sugar tax, Robin tax, tasse sulle auto aziendali e, dulcis in fundo, tassa sulla fortuna. Che cosa volete di più dalla vita del governo? Ma, come diceva Corrado, non finisce mica qua. Infatti, per il 2021 il governo, qualunque sia, dovrà sterilizzare più di 20 miliardi di clausole, tra Iva e accise, che diventeranno 27 miliardi nel 2022. Il governo Conte 2 ha due frecce al suo arco. La prima è: tassare. La seconda è: è necessario recuperare gli oltre 100 miliardi di evasione fiscale così si potranno abbassare le tasse. Tradotto: tassati e gabbati. Per quanto tempo potrà ancora durare?
Il governo del M5S e del Pd è nato con un solo vero e reale punto all’ordine del giorno: evitare il voto. Il ragionamento era semplice: Salvini vuole passare all’incasso e noi, M5S e Pd, facciamo un nuovo governo aspettando che passi il momento favorevole per la Lega. Diceva Giulio Andreotti: “Tirare a campare è meglio che tirare le cuoia”. Ci può anche stare. Ma è sempre bene fare i conti con quell’oste ostico che è la dura realtà. La più grande operazione di trasformismo parlamentare della storia italiana, da Cavour a Conte, avrebbe quanto meno dovuto misurarsi le palle e capire che per restare a Palazzo Chigi contro il vento e contro il tempo era necessario combinare qualcosa di buono o almeno non peggiorare la situazione. Invece, il governo dei migliori si è mostrato perfettamente all’altezza della Terza legge della stupidità enunciata da Carlo Maria Cipolla: “Una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita”.
La cosa drammatica è che non c’è via d’uscita. Il clima che si respira in questo Paese non è, come si è preso a dire da un po’ di tempo a questa parte, di odio; bensì è il solito vecchio andazzo della demonizzazione dell’avversario. In questo sport nazionale, a dir la verità, la sinistra è maestra imbattibile perché si è intestata da sempre, fin dalla fondazione del mondo, il monopolio del bene, della verità, della civiltà e dall’alto del suo pulpito può dire che chi non si adegua al suo santo primato non è degno né di vivere in società né di stare al governo e, quindi, è giusto demonizzarlo.
Il cosiddetto “ventennio berlusconiano” è stato contrassegnato dall’inizio alla fine dalla demonizzazione di Berlusconi ad opera sia della sinistra di partito sia della sinistra giudiziaria sia della sinistra dello spettacolo. Insomma, Berlusconi non piaceva alla gente che piace e venne demonizzato fino alla estromissione, per via giudiziaria, dalla politica. Oggi questa storia, che ci è costata più di vent’anni della nostra vita nazionale, si ripete con la demonizzazione di Salvini, della Meloni e con il cosiddetto “popolo delle sardine” che scendono in piazza per manifestare in via preventiva contro chi è all’opposizione, vale a dire Salvini. Lo spettacolo a cui si assiste è l’esatto opposto di quanto dovrebbe accadere in una democrazia minimamente decente.
Chi, bontà sua, legge queste mie note sul blog di Nicola Porro che gentilmente mi ospita sa bene che non ho granché simpatia per Matteo Salvini e non gli ho risparmiato critiche quando era al governo, né gli ho dedicato apprezzamenti ora che è all’opposizione. Tuttavia, pur considerando l’avversione che Salvini nutre per l’Europa, non è proprio possibile sostenere che il problema attuale dell’Italia sia la Lega. Il problema politico dell’Italia è quello che un tempo si sarebbe detto il rapporto tra il “Paese legale” e il “Paese reale”: oggi al “Paese legale”, ossia il governo, non corrisponde il “Paese reale”, ossia il consenso e la base produttiva dell’Italia.
La sinistra, mettendoci dentro anche ciò che resta del M5S, non è un riferimento per gli operai, vale a dire per quella parte della società che per interessi e per storia si è sempre ritrovata da quella parte. A sinistra evitano accuratamente di farsi questa domanda: perché operai e disoccupati non votano noi e votano la Lega? Cambiata di segno, è la stessa domanda che si deve porre proprio la Lega e quando sarà al governo dovrà rispondere alla domanda e ai problemi reali evitando da una parte di tassare e dall’altra di statalizzare. Odio e amore lasciateli agli amanti e ai poeti che sanno cosa fare per liberarsene.
Giancristiano Desiderio, 17 dicembre 2019