Tutte le economie del mondo vivono in un delicato compromesso tra mercato e Stato, tra privato e pubblico. Non c’è mercato senza leggi, non esiste Stato senza individui. L’Italia sta prendendo una brutta piega. La pandemia, come aveva auspicato il ministro Speranza nel suo libro mai uscito, è un’occasione per ristabilire “l’egemonia culturale di sinistra”.
Progetto che si sta realizzando. Vediamo quattro casi lampanti.
1. Nel governo si bisticcia su come allentare il blocco dei licenziamenti. Fino ad oggi c’è stato uno scambio perverso: lo stato paga la cassa integrazione e le imprese stanno mute e non fanno fuori nessuno. Ne pagano le conseguenze (inintenzionali?) i meno garantiti e cioè giovani al primo impiego e donne part time. Già il punto di partenza è sbagliato: un imprenditore non licenzia per il piacere di licenziare, ma perché non è in grado di reggere il conto economico. Bloccare i licenziamenti per più di un anno, uccide in prospettiva le imprese (a meno che non sperino di avere incentivi in eterno) e danneggia il mercato del lavoro. Da sinistra sino a destra, in pochi ritengono questa norma emergenziale, semplicemente folle.
2. Seconda palese invasione di campo: il blocco degli sfratti. Qui i piccoli proprietari hanno qualche influenza in più sul centro destra, non fosse altro che in Italia essi sono numerosissimi. È difficile giustificare, da un punto di vista liberale, l’impossibilità per un proprietario di godere dei propri beni, soprattutto nel caso in cui i contratti non siano stati rispettati. Tanto vale abolire la proprietà privata: il blocco degli sfratti altro non è che la statalizzazione del risparmio privato.
3. Terzo campanello d’allarme: la proposta, tanto gradita da professori e media democratici, di inasprire l’imposta di successione. Gioverebbe ricordare loro che essa fu abolita da un governo di Centro sinistra nel 2000, per il semplice motivo che le sue aliquote, allora stellari, non generavano entrate. Ma oltre ad essere una tassa poco efficace, è odiosa: come ha detto un importante dirigente del Pd, essa è giusta perché i ricchi devono “restituire” ciò che hanno accumulato. Fu Marx a scrivere che l’origine del capitale “gronda di sangue”: un pregiudizio che ritenevamo seppellito.