C’è un metodo infallibile per capire se una notizia è una buona notizia, dal punto di vista di chi gradirebbe assistere a iniezioni di civiltà liberale in questo sgangherato Belpaese. Se scatena il malumore di Marco Travaglio, è una buona notizia. L’altro ieri allora è stata davvero una gran giornata, per noi quattro gatti spelacchiati liberal-liberisti-libertari, visto che oggi il direttore del Fatto Quotidiano si è lasciato andare a un doppio sfogo di rabbia in prima pagina.
Il primo, ovviamente, contro lo sblocco della Tav invocato da Salvini, ufficializzato da Conte e subito da Di Maio. “La più cocente sconfitta mai subìta dai 5Stelle in dieci anni di vita”, esordisce il Travaglio furioso, e già la tua mattinata assume contorni diversi, insperati. Non si dà pace, l’uomo che sussurra la linea al Movimento (ultimamente assai a vuoto) che il Movimento medesimo perda la battaglia “contro l’opera pubblica più demenziale, anacronistica, inquinante, dannosa e costosa d’Europa”. E allora capisci che il via libera alla Tav è davvero una good news, trattandosi di un’opera strategica per la connessione italiana al sistema dell’intermodalità europea, decisiva per la circolazione e la competitività delle nostre merci, assolutamente razionale da un punto di vista economico, soprattutto dopo che l’Unione Europea ha incrementato il suo contributo fino al 50%: terminare i lavori costa all’Italia circa 3 miliardi, l’equivalente di sei mesi di reddito di cittadinanza. Ma mentre quelli sono assistenzialismo duro e puro, l’ultimazione della Tav innescherà lavoro, indotto, sviluppo per la nazione. Si conferma l’assioma: più Travaglio è scontento, più c’è da festeggiare.
Come nel caso degli arresti domiciliari concessi a Roberto Formigoni. Un uomo di 71 anni, condannato a 5 anni e 10 mesi per “corruzione” consistente in cene e viaggi in barca tra amici, il cui comportamento in carcere, sia rispetto agli altri detenuti che rispetto alla propria attività di volontariato nella biblioteca, è stato esplicitamente lodato dai giudici che hanno stilato il provvedimento. Travaglio, l’ultimo giapponese della guerra giustizialista al sistema del Celeste (che per inciso ha contribuito a rendere la Lombardia una delle regioni più avanzate d’Europa) non ci sta, sbotta contro questo caso di “satira giudiziaria”, si dispera perché questo ultrasettantenne non è tenuto in ceppi nei sotterranei di Bollate a pane e acqua. Ancora una volta, la sua irritazione corrisponde a una vittoria della civiltà, del diritto, del senso comune.
È l’infallibile teorema Travaglio: se lui sbrocca, per noi liberali è sempre una gran notizia.
Giovanni Sallusti, 24 luglio 2019