La Germania continua a onorare (e chissà per quanto) le richieste di risarcimento bellico preteso quasi da tutto il pianeta. Ogni tanto gliene piomba addosso una nuova, anche per fatti che con la seconda guerra mondiale non c’entrano nulla. L’ultima (per ora) è la Namibia, cui il governo tedesco ha assicurato un risarcimento per fatti avvenuti addirittura prima della guerra. La Seconda? No, nientemeno che la Prima. E alla Germania si addebita il primo genocidio del Novecento, ai danni dell’etnia Herero, avvenuto tra il 1904 e il 1908.
L’invasione tedesca dell’Africa
La Germania, usa a pagar tacendo, ha oblato e chiesto pure scusa. Ma si trattò davvero di prove generali di Olocausto? La Germania, unificatasi buon’ultima nel 1871, cercò di intrufolarsi in un’Africa già spartita da tutti, con Francia e Inghilterra nella parte del leone. Al kaiser non rimase che il Togo, il Camerun, il Tanganika e l’attuale Namibia. Cioè, il Sudest, per raggiungere il quale doveva passare per Suez. Tra parentesi, di lì a poco scoppiò la Grande Guerra e, con la Manica anglo-francese e Suez in mani britanniche, l’Africa tedesca restò abbandonata a se stessa e facile preda dei vicini, soprattutto inglesi. Intanto, di tutte le zone controllate dai germanici solo in Namibia si palesarono problemi. Tanto per dirne una, molti africani si arruolavano nelle Schutztruppen (corrispondenti agli ascari italiani) per la semplice ragione che la paga era doppia rispetto a quella che davano, per esempio, gli inglesi. E pure l’istruzione era assicurata, tanto che tutti gli ascari tedeschi sapevano leggere e scrivere.
Il massacro e la guerra del 1904
Ora, non essendo copiosa la letteratura in italiano sull’argomento, è utile un libro di Alberto Rosselli, Gli ascari del Kaiser. La guerra in Östafrica 1914-1918. Von Lettow-Vorbeck e i tedeschi che non persero mai (Soldiershop Publishing, pp. 198, €. 27,55, con illustrazioni). Dal quale apprendiamo che nell’attuale Namibia «una terribile epidemia di febbre bovina nel 1897 aveva ridotto della metà le mandrie di bestiame degli Herero, tribù che da tempo era in aperto contrasto con gli allevatori tedeschi» per questioni di pascoli e sorgenti. Questioni che ancora oggi, vedi Nigeria, provocano scontri e massacri. Il 12 gennaio 1904, guidati dal capo Maherero, gli Herero trucidarono un centinaio di coloni tedeschi. E dilagarono. Si trattava di sette-ottomila guerrieri, metà dei quali provvisti di armi da fuoco (forse procurati nel vicino Sudafrica britannico). I tedeschi potevano contare su «40 ufficiali e 726 soldati, più 250 esploratori e ausiliari indigeni e circa 400 volontari bianchi privi però di addestramento militare». Al comando del maggiore Leutwein, dovettero affrontare 400 miglia di marcia perché si trovavano da tutt’altra parte. Il promo scontro, a Owikokero, costò ai tedeschi 30 morti. Altri 49 li persero a Okaharui. A Ovimbo andò loro meglio, perché nel frattempo erano arrivati i cannoni da campagna. Alla fine giunse il generale Lothar von Trotha con 10mila uomini. E questa volta gli Herero ebbero la batosta finale.
I superstiti fuggirono con le famiglie nel deserto, dove la fame e la sete finirono di sterminarli. In quella guerra perse un occhio il maggiore Lettow-Vorbeck, poi divenuto l’unico tedesco a non aver perso la Grande Guerra. Come si è detto, la Germania perse tutte le sue colonie fin dal primo anno di guerra. Tranne il Tanganika, dove c’era lui. Lui e i suoi pochi ascari fecero letteralmente ammattire un’armata di 400mila inglesi, belgi e portoghesi. L’imprendibile si arrese spontaneamente solo quando seppe che la Germania, in Europa, aveva capitolato. Ebbe gli onori delle armi. Amico di Karen Blixen, perse i due figli nella seconda guerra mondiale e rifiutò ogni compromesso coi nazisti. Prima di morire (nel 1964) fece il suo unico viaggio da civile in Tanganika. Qui gli anziani ascari rimasti gli tributarono un trionfo.
Rino Camilleri, 30 maggio 2021