Secondo uno studio dell’Università di Pavia e promosso da Sanpellegrino e ScuolAttiva Onlus, presentato il 27 marzo 2025 al Senato, il 95% dei bambini italiani (il campione utilizzato ne conta mille) tra i 5 e gli 11 anni è preoccupato per il futuro del pianeta, mostrando segni di ecoansia. Il 40% di loro ha incubi legati al cambiamento climatico, con difficoltà a dormire o mangiare, mentre il 95,6% si sente direttamente responsabile innanzi ai pericoli travolgenti che staremo correndo. Il 97,2% crede inoltre che le proprie azioni possano incidere concretamente sul destino che ci attende, con una sporadica sfumatura finale di ottimismo.
Ora, senza bisogno di scomodare una letteratura già nutrita (si vedano, per completezza e agilità di lettura, N. Porro, La grande bugia verde e G. Meotti, Il dio verde, entrambi editi da Liberilibri), né tantomeno una sociologia dell’eco-socialismo estinzionista che va da Greta agli attivisti di Ultima Generazione, forse conviene riflettere sulla portata della disseminazione parastatale di dispositivi del memento mori green. Poiché, se l’incardinamento della paura è tradizionalmente uno dei consueti strumenti della manipolazione politica dell’opinione pubblica, nel caso di questa ecoansia vediamo all’opera anche il riproporsi di un’innovazione che merita di essere fatta risalire al biennio pandemico, ossia la capacità di cattura finanche dei più piccoli.
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Per avere un quadro completo giova un rapido cenno alle radici del pensiero moderno. In effetti la paura (qui della morte violenta specificatamente) è, per Hobbes, la condizione primigenia dello stato di natura. Senza governo ciascuno è minaccia e preda (homo homini lupus), intrappolato in un’anarchia feroce e turbinante che solo un contratto sociale (virtuale) può placare. Nasce così, per il filosofo inglese, lo Stato, ossia il Leviatano, dal titolo del suo capolavoro del 1651: un dio mortale che si nutre delle libertà dei suoi cittadini offrendo in cambio, in teoria almeno, sicurezza. Tuttavia, qualche secolo dopo, con un’analisi basata su osservazioni dirette più che su speculazioni filosofiche, vediamo questa protezione scoprirsi come poco efficace: a volte incerta, a volte azzardata, può creare pericoli artificiali altrimenti inattesi, pur non lesinando mai sulla sua dieta ferrea a base di libertà.
Oltretutto, come ha sostenuto H.-H. Hoppe, la stessa crudeltà umana, ma si potrebbe dire timor panico malthusiano o millenarismo delle scelte di consumo per restare in ambito ecologico, da cui ha scaturigine un accordo vincolante è largamente sopravvalutata. In realtà, lo Stato (o il succedaneo, che sia il Super-Stato europeo o il cartello di Stati sotto l’egida di organizzazioni globali) per legittimare la sua esistenza ha bisogno di un costante ricorso a una qualche forma di soggezione: ritagliandosi il ruolo di risolutore, innesca la dinamica su cui costruire perpetuamente la propria autorevolezza.
E allora vediamo, con chiarezza, come sacchetti sostenibili e tappi di bottiglie, astruse metodologie del conferimento dei rifiuti e doppi standard, ZTL urbane e politiche di mobilità privata, siano diventati più pervasivi della stessa comunicazione terroristica che martella su gran parte dei media per 24/7. Pervasivi fino al risultato clamoroso di non risolvere alcun problema, di produrne di nuovi e di ingenerare un terrore diffuso che si nutre di se stesso e non risparmia neanche i bambini. Perché in effetti l’intero fenomeno green non è altro che questo, uno snodo per insistere ulteriormente nel potenziamento della facoltà statali e indurre interi popoli alla cosiddetta servitù volontaria. Convincendoli fin da piccoli.
Michele Ferretti, 1 aprile 2025
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