Politica

Terzo mandato, la mossa subdola di Re De Luca

Il governatore della Campania vuole aggirare l’ostacolo del divieto di candidatura. Ma è incostituzionale

Schlein De Luca PD © STILLFX tramite Canva.com

Dalla lettura della legge regionale della Campania n. 16 dello scorso 11 novembre, si evince espressamente come il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, non ha ben chiaro il monito della storia. È palese, infatti, che questi non vorrebbe assolutamente lasciare il proprio incarico presidenziale, credendo, forse, di vivere ancora durante il periodo dell’ancien règime, epoca caratterizzata dalla piena concentrazione del potere nelle mani del Re.

Proprio per questo motivo, lo scorso venerdì 10 gennaio, è stato presentato, dall’Avvocatura Generale dello Stato, dinanzi alla Corte costituzionale, un ricorso finalizzato all’ottenimento della declaratoria di illegittimità costituzionale della predetta legge regionale, come deliberato dal Consiglio dei ministri il 9 gennaio 2025. Ed infatti, la legge campana impugnata, in maniera del tutto subdola, vorrebbe aggirare l’ostacolo del divieto di candidatura per il terzo mandato dell’attuale presidente della Regione Campania, stabilendo, surrettiziamente, l’esclusione del mandato precedentemente svolto dal computo della consecutività degli stessi.

In effetti, ribadendo esplicitamente il divieto di terzo mandato (“Non è immediatamente rieleggibile alla carica di presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi), la legge campana elude tale principio facendo decorrere il computo dei mandati ex novo, annullando, quindi, quelli già svolti, ad eccezione di quello in corso, stabilendo che ai fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Con un ricorso ben articolato, l’Avvocatura Generale dello Stato ha evidenziato come il contenuto di questa legge regionale contrasta, innanzitutto, con il primo comma dell’art. 122 della Costituzione e con la legge “cornice” 2 luglio 2004, n. 165, in particolare con l’art.2, comma 2, lett. f, la quale dispone che le regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità, specificamente individuati, di cui all’articolo 122, primo comma, della Costituzione nei limiti dei seguenti principi fondamentali… f) previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia”.

Inoltre, vi è da dire che quest’ultima disposizione ha valore di norma interposta, in quanto la Costituzione vi fa espressamente rinvio ed è autoapplicativa: non ha bisogno, cioè, di un necessario recepimento da parte delle regioni mediante l’emanazione di una normativa di dettaglio. E questo risponde proprio all’esigenza di una disciplina uniforme ed inderogabile su tutto il territorio nazionale, che prevede, definitivamente, l’obbligo di divieto di terzo mandato per tutte le regioni.

Per l’Avvocatura dello Stato, in realtà, la legge regionale impugnata sarebbe in contrasto anche con gli artt. 3 e 51 della Costituzione, e, quindi, rispettivamente, con il principio di uguaglianza e con il principio di pari opportunità nell’accesso alle cariche elettive. Alla luce di ciò, spetta proprio al legislatore statale individuare il punto di equilibrio tra i diversi interessi costituzionali che, per quanto riguarda il limite massimo di due mandati consecutivi, è rappresentato dalla effettiva par condicio tra i candidati, dalla libertà di voto dei singoli elettori, dalla genuinità complessiva della competizione elettorale, dal fisiologico ricambio della rappresentanza politica ed, infine, dal principio democratico, come stabilito dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 196/2024 del dicembre scorso, relativa al limite dei mandati consecutivi per i sindaci.

Quindi, il divieto di terzo mandato è volto proprio all’impedimento del rischio di concentrazione e di personalizzazione del potere – caratteristica, come già detto, tipica dello Stato assoluto di ancien règime – come stabilito dalla giurisprudenza costituzionale, amministrativa e di legittimità. È evidente che la promulgazione della legge regionale campana dello scorso novembre rappresenti ictu oculi un artifizio volto ad aggirare un divieto di natura costituzionale ed è, soprattutto, in palese contraddizione con i principi democratici di cui lo stesso De Luca, in modo del tutto incoerente e con toni vivacemente coloriti, sembra voler spesso affermare.

Giovanni Terrano, 16 gennaio 2025

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