Brutta storia, quella di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Non che il progetto del Terzo Polo non avesse un qualche senso, una logica politica diciamo. Però fai fatica a mettere due galli in un pollaio grosso, figurati due polli reali in un contenitore con pochi voti. Che i due non fossero adatti alla convivenza pacifica lo si era capito sin dal giorno dell’unione elettorale tra Italia Viva e Azione. Però adesso che la strada verso il congresso per dar vita al partito unico lib-dem si fa più serrata, escono tutte le contraddizioni di un fidanzamento fatto in fretta per un matrimonio riparatore.
Le tensioni nel Terzo Polo
L’alleanza elettorale in fondo è nata dopo il tradimento di Carletto rifilato al povero Enrico Letta. “Stare insieme per non scomparire”, era stato il mantra. Poi le urne sono andate benino (non benissimo) e Renzi e Calenda hanno provato a fare un passo in più. Scelta infelice. Matteo ha mandato avanti il leader di Azione che si è schiantato in tutte le sfide elettorali successive: Lazio, Lombardia (con la fallimentare scelta di appoggiare Letizia Moratti) e infine il Friuli, dove il Terzo Polo è stato superato persino dai No Vax.
Italia Viva imputa agli alleati alcuni errori di valutazione, compresa l’uscita sguaiata di Calenda contro Berlusconi ricoverato in terapia intensiva; mentre Azione accusa Renzi di fare troppi tatticismi, di non sposare convintamente l’idea del partito unico e soprattutto di mescolare politica e scelte personali. Non è un mistero che la decisione di accettare la direzione del Riformista sia stata mal digerita da Calenda, che peraltro l’ha saputo solo poche ore prima della conferenza stampa. “”Uno deve decidere se nella vita fa politica o informazione – ha detto oggi Matteo Richetti -. Quando mi telefona Renzi mi parla del partito o mi intervista come direttore?”.
Le polemiche
La rottura odierna nasce dai malumori fatti filtrare da Azione alle agenzie di stampa riguardo i famosi tatticismi “inaccettabili” da parte di Iv. Stando ai calendiani, Renzi non vorrebbe sciogliere Iv nel partito unico per questioni economiche. La velina ha subito l’effetto della scintilla in una fabbrica di fuochi d’artificio: Iv risponde a stretto giro coi portavoce Alessia Cappello e Ciro Buonajuto dicendosi “pronta al congresso” ma ipotizzando che altri abbiano “cambiato idea”. Gli “altri” sono ovviamente i calendiani. Da lì una valanga di dichiarazioni non si ferma più: colpi di fioretto da una parte (“l’impressione è che si stia sciogliendo Azione”, dice Luciano Nobili), colpi di ascia dall’altra (“stiamo ancora aspettando che Calenda convochi il comitato politico e spieghi come candidarsi al congresso”, rincara la dose Davide Faraone). E ovviamente veline. Veline a gogo. Fonti di Italia Viva fanno sapere ad esempio a LaPresse che “la vera ragione per cui Calenda è impazzito” è il fatto che qualcuno di Iv vorrebbe “candidarsi contro di lui” alla guida del nuovo partito. L’idea sarebbe quella di Luigi Marattin, ma al momento non ci sono certezze.
Partito unico o rottura?
Stasera gli eletti di Iv si vedranno con Renzi. Maria Elena Boschi si dice “dispiaciuta” per le polemiche e cerca di gettare acqua sul fuoco. Lo stesso tenta di fare Calenda, secondo cui non ci sarebbe nessuna rottura imminente nel Terzo Polo. “La prospettiva di un partito dei liberal-democratici aperto e inclusivo resta l’unica utile al paese – scrive sui social il leader di Azione – Va perseguita seriamente e rapidamente con i soggetti realmente interessati. Polemiche da cortile non ci interessano e non vi prenderemo parte”. Sarà. Di certo gli animi sono agitati. E molto. La rottura, dicono fonti di Iv, è “sul tavolo”.
Franco Lodige, 11 aprile 2023