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Tito Boeri? Un mix di arroganza e vanità accademica

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La settimana è iniziata con la bellissima foto di Emmanuel Macron su tutte le prime pagine (Repubblica l’ha titolata “L’immagine”), in piedi, nella posa del lanciatore olimpico di peso. Tutti gli italiani (establishment ed élite escluse) hanno tifato Croazia solo per gufare contro Macron che ci aveva definito dei “populisti lebbrosi”. Con un tweet postato due giorni prima della finale, mi ero dissociato dal popolo, avevo scelto di tifare Macron, con questa motivazione: abbiamo tanto bisogno di un nemico dell’Italia come lui per rimanere uniti come popolo.

È proseguita con il disperato tentativo di Tito Boeri di farsi licenziare. I due ragazzotti, vice di sé stessi, sapendo di non poterlo dimissionare hanno ironizzato su di lui degradandolo a “manina”. Chiaramente, era una notizia fake, ma ciò ha fatto scattare il suo amor proprio e nel discorso (algido) di audizione alla Camera è venuta fuori la sua vera personalità. Cioè quel mix di arroganza e di vanità accademica di cui, lui, come tutti noi delle élite, siamo pregni, spesso fin dalla più tenera età, e che dovrebbe convincerci a fare il mestiere per il quale ci siamo preparati. Nel caso suo, il professore universitario, una delle professioni più nobili e prestigiose che ci siano. Ma la politica è altra cosa, con un presupposto non superabile: devi prendere i voti. E nessuna persona del popolo, oggi, al tempo dei social, può votare per uno con la puzza al naso.

In settimana ho passato molto tempo su Twitter, la lotta fra economisti accademici ed economisti di strada è continuata con sempre nuove accuse reciproche. Lo confesso, presi a piccole dosi, sono molto divertenti per l’impegno e la rabbia che ci mettono. Sentite l’ultima battaglia culturale: meglio analizzare il decreto dignità di Di Maio secondo “il paradigma neoliberista” o “l’impianto keynesiano”? Perché in un caso scrivano “paradigma” e nell’altro “impianto” non lo capisco, così come mi sfugge pure (per mia ignoranza of course) cosa vogliano dire l’uno e l’altro (arrivo fino, in un caso ad Adam Smith, nell’altro a John M. Keynes ma lì mi blocco) ma sono certo che, sotto sotto, una qualche logica ci sia.

Il mestiere di analista indipendente sta comunque diventando sempre più difficile. Come muoversi fra notizie che sembrano vere ma sono fake, altre chiaramente fake che in realtà sono vere, infine, caso limite mai toccato prima, attribuire al malcapitato colpito, a sua insaputa, da una fake, diventare successivamente oggetto-soggetto della smentita fake, della fake precedente, di nuovo a sua insaputa. Roba da impazzire.

La settimana si è chiusa in modo curioso. Prendiamo l’ultimo caso. Un certo Gilberto Corbellini, direttore del dipartimento di scienze umane e sociali del Cnr (ho visto la sua foto, ho letto del suo compenso di dipendente pubblico, 140.000 € fra fisso e bonus, quindi un personaggio reale), immagino importante visto che ha fatto affermazioni forti. Sul Mattino ha scritto: “La democrazia costituzionale … sta crollando sotto il peso del proprio successo ma soprattutto per l’assalto dell’ignoranza”. Ho capito, il professore-ricercatore fa parte delle élite del Paese. Queste infatti, dopo il 4 marzo, lo ripetono all’unisono: “quelli che non la pensano come noi sono semplicemente degli ignoranti”. Lo scienziato del Cnr, conscio che il problema nel quale si dibatte il paese non sia la progressiva povertà ma la xenofobia e il fascismo di ritorno, alla Roberto Saviano per intenderci, dà il suo contributo sparando questa ricetta: “Per fortuna esistono strategie per circoscrivere gli effetti destabilizzanti di xenofobia e di razzismo: assumere la Ossiticina”. E cita uno studio dell’Università di Bonn basato appunto sulla somministrazione della “Ossitocina”, non si capisce se via vena o inalazione.

Mi chiedo, perché non andare dritti all’obiettivo? Perché non sfidare-obbligare Matteo Salvini a fare da cavia, inalandogli ossitocina pura in dosi alte? Se funziona con lui si può procedere con la vaccinazione a tappeto (effetto gregge) di tutti i plebei italici, affinché, come dice il professor Rene Hurlemann, psichiatra tedesco (curioso, tutti tedeschi): “… l’ossitocina promuove l’accettazione dei migranti nelle culture occidentali”. Mi auguro che sia una fake anche questa come quella del parmigiano fattosi Malboro, altrimenti si dovrebbe concludere, restando sempre sul divertissement, che quel birbante matricolato di Adolf conoscesse anche la ossitocina.

Riccardo Ruggeri, 20 luglio 2018