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Titoli di Stato o titoli di coda

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Ieri, come avviene una volta al mese il Tesoro (quello che doveva essere guidato da Savona, ha messo in vendita sei miliardi di Bot a sei mesi. Un mese fa li aveva piazzati a tassi negativi. Un assurdo, ma molto conveniente per le nostre casse. In sostanza per averli in portafoglio si pagava lo 0,40%: roba da matti. Torniamo a ieri. II Tesoro per vendere 6 miliardi di Bot è tornato a corrispondere un interesse dell’1,2%. Il che vuol dire che in un mese il Tesoro ha pagato un conto su base annua più caro di cento milioni. Per una sola asta. Inoltre i titoli di Stato a breve, quelli considerali più sicuri, perché vengono rimborsati in poco tempo, stanno impennandosi nei rendimenti. Un segnale pessimo.

Oggi andranno in asta i titoli decennali. E saranno guai. Il loro costo potrebbe avvicinarsi al 3%. Le banche, anche se non si può dire esplicitamente, stanno acquistando titoli di Stato più del dovuto. Altrimenti sarebbe stata una catastrofe: un’asta scoperta e l’inizio formate della crisi.

Le vituperate grandi banche italiane pagano un prezzo salatissimo. Si riempiono di merce che potrebbe essere avariata. Nessuno se lo augura – e come avvenne nel 2011 – probabilmente le cose poi si rimetteranno a posto. Ma gli investitori non amano il rischio Italia. E prima stanno lontani dai titoli pubblici a breve termine, poi da quelli a lungo e infine vendono le azioni delle banche italiane, che per ragioni sistematiche continuano a fare la loro parte negli acquisti.

Perché ci troviamo in questa situazione? Il ragionamento che ci ha fatto un importante banchiere è semplice. Il governo giallo-verde non piaceva ai mercati. Ma dal giorno dopo la sua nascita sarebbe stato giudicato dalle sue mosse. Oggi siamo nell’incertezza più totale. Non sappiamo chi guida la macchina.

A provare a rassicurare i mercati, ieri ci ha provato il governatore della Banca d’Italia. Ma non ha alcun potere. Manca un punto di riferimento governativo e operativo. E inoltre la prospettiva è che alle prossime elezioni i giallo-verdi siano molto più forti di oggi. Il governo Conte aveva una risicata maggioranza e le sue leggi votate da un Parlamento in cui avrebbe dovuto fare i conti con l’alleato-non alleato Silvio Berlusconi, oggi considerato europeista e moderato. Ora la prospettiva è che domani non ci sia più alcun freno. I mercati hanno sempre paura dei salti nel vuoto. E oggi ci troviamo in questa situazione.

Si può sempre gridare al complotto, alle follie dei commissari europei che fanno dichiarazioni fuori da ogni etichetta istituzionale, ma nelle sale operative non si ragiona con i manuali costituzionali, si prendono decisioni istantanee governate dall’avversione al rischio, dalla pragmatica necessità di fare quattrini.

Nicola Porro, Il Giornale 30 maggio 2018