Cultura, tv e spettacoli

Toc toc, polizia: quella volta che i pm si vendicarono di Lino Jannuzzi

Muore a 96 anni un protagonista “acuto e goliardico” a cavallo tra giornalismo, politica e jet set

Lino Jannuzzi, 96 anni, ha scelto il silenzio e la solitudine nell’ultimo tratto della sua vita. Fu protagonista acuto e goliardico a cavallo tra giornalismo, politica e jet set nella Prima e Seconda Repubblica, ma come in uno scherzo del destino anni fa decise di chiudersi al mondo dopo che, una mattina, la procura di Palermo gli aveva spedito a casa un nugolo di poliziotti alla ricerca di chissà quali inesistenti ‘pizzini’ ricevuti dalla mafia. Una vendetta di quella procura di cui lui a lungo aveva denunciato anomalie.

È stato il cronista che più di chiunque sapeva leggere ed interpretare, nel giusto e garantista contesto, le migliaia di pagine che gli inquirenti rovesciavano verso gli Andreotti ed i Mannino, per citarne solo due perseguitati e innocenti. Nei pochi momenti di sconforto durante i processi di Palermo, Andreotti affermava: “Tre cose mi danno la forza di resistere. La mia famiglia, madre Teresa di Calcutta e gli articoli di Lino che mi fa capire ciò che neppure gli avvocati sono capaci di spiegarmi”. Ed a proposito di mafia, in una cena da ‘Il Moro’ a due passi da Fontana di Trevi, aveva suggerito ad un ingenuo e disorientato Marcello dell’Utri di avvalersi l’indomani a Milano della facoltà di non rispondere davanti alle contestazioni che gli venivano mosse da Ilda Boccassimi. Dell’Utri, invece, rese interrogatorio per tre giorni e rientrò a Roma entusiasta.“Lino le ho spiegato tutto, ha capito perfettamente non c’è da preoccuparsi…”. Ed è finita com’è finita….

La grandezza di Jannuzzi era anche la sua capacità di vivere e godere la vita come pochi, caratteristica che lo ha fatto molto amare da Francesco Cossiga e Silvio Berlusconi che lo volle in Senato dove oggi viene allestita la camera ardente su saggia disposizione del Presidente Ignazio La Russa.

Sofia Loren cucinava la pasta al pomodoro nella sua casa di via Petrella ai Parioli, Orazio Bagnasco -lungimirante patron della CIGA e di Europrogramme messo in croce dalla P1 di De Benedetti, Visentini e Scalfari- si infuriava quando, ospite assieme a Rosy Greco, Vittorio Sgarbi e Pietro Salini, a bordo del suo mega yacht Lino passava ore al satellitare di bordo dando istruzioni per curare i gatti abbandonati di piazza del Pantheon, Leonardo Sciascia ha teorizzato la tesi sui professionisti dell’antimafia anche grazie a lui e Adriano Celentano gli confidava, nei saloni dell’Hilton prima di andare in onda, i suoi famosi monologhi che tenevano incollati milioni di italiani alla tv. Oppure quando in Spagna faceva da anfitrione agli amici conoscendo ogni segreto della movida e delle corride grazie alla sua amicizia con i toreri più famosi. Era un padrone di casa squisito.

Il meglio lo dava nella sua casa, a pied du mer, di Scario dove con il suo Boston whaler scorrazzava per il golfo di Policastro con i suoi ospiti alla ricerca della miglior pasta con le zucchine. Possedeva anche la grandezza dell’uomo che sa chiedere scusa quando sbaglia, come nel caso Leone, crocifisso con una copertina su Tempi Illustrato, che aveva diretto accanto a giornalisti di razza come Carlo Gregoretti e Peppe Catalano, mentre nella vicenda di Enzo Tortora assieme solo a Vittorio Feltri, ha guardato lontano rivelando le ignominie della procura di Napoli prese per oro colato dalla solita stampa inginocchiata allora, come oggi, alle veline dei pubblici misteri alla moda. Con un sigaro in bocca e un buon whisky in mano riuscì a diventare amico e confidente di generali in lotta feroce tra loro, fu così che venne fuori lo scoop leggendario del ‘Piano Solo’.

Con Lino e i figli sempre Mariolina, accudente e paziente ha sopportato anche il film in cui si raccontavano le gesta di una esuberante Marina Lante della Rovere presa a distruggere la stanza di un albergo perché il giornalista dell’Espresso -interpretato da un fenomenale Elliott Gould- tornava disciplinato dalla moglie. Nessuno come Jannuzzi è stato amato e detestato nel mondo perfido del giornalismo. Tra i detrattori Eugenio Scalfari che quando ha potuto l’ha pugnalato costringendolo ad andare via dall’ Espresso per una storia di un finanziamento opaco. Destino amaro, Lino non si è mai arricchito mentre Eugenio, ‘Barbapapa’, non sapeva più dove mettere i miliardi. Ci mancherai caro Lino. Con il cruccio enorme di questi anni di non aver potuto godere con gli amici di una vita Giuliano Ferrara e Denis Verdini, della tua sagacia. Ma forse questo periodo della storia era troppo meschino per la tua intelligenza.

Luigi Bisignani per Il Tempo, 9 agosto 2024

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