Non si profila una distensione dei rapporti tra toghe e governo, quantomeno a stretto giro di posta, nonostante l’importante apertura di Giorgia Meloni. Andiamo per gradi. Ieri è stato il giorno del cambio ai vertici dell’Anm: dopo l’addio di Giuseppe Santalucia, è stato eletto presidente Cesare Parodi (Mi), procuratore aggiunto di Torino, con vice Rocco Gustavo Maruotti (Area democratica per la giustizia) della procura della Repubblica di Rieti e Marcello De Chiara (Unicost) giudice del Tribunale di Napoli. Sarà lui, dunque, a guidare l’Associazione nazionale dei magistrati in uno dei periodi più drammatici di scontro tra toghe e governo, con uno sciopero contro la riforma costituzionale già proclamato per il 27 febbraio.
Il nuovo presidente dell’Anm ha tenuto a evidenziare sin da subito il suo mantra: no alla riforma della giustizia del governo, sì allo sciopero. Ah sì, c’è anche l’intenzione di chiedere un incontro al governo. Ma le premesse sono quelle di poco fa, difficile immaginare margini di manovra. Nonostante ciò, la Meloni, dopo avergli augurato buon lavoro, si è subito detta pronta ad accogliere “con favore la richiesta di un incontro” auspicando “che, da subito, si possa riprendere un sano confronto sui principali temi che riguardano l’amministrazione della Giustizia nella nostra nazione, nel rispetto dell’autonomia della politica e della magistratura”.
Effettivamente ci sembra di assistere allo schema Landini: chiedere un incontro al governo e pretendere di imporre la propria linea. “Non possiamo rinunciare a nessuna strada per la difesa della magistratura, è un momento delicato e non possiamo commettere errori” ha evidenziato Parodi, 63 anni da compiere a maggio, rimarcando come la sua corrente “non avrebbe fatto un passo indietro su nulla”: “Condividiamo assolutamente ogni punto di questa battaglia. Noi siamo comunque un potere dello Stato, siamo cittadini che stanno portando avanti una battaglia per difendere la Costituzione su cui abbiamo giurato. Io credo che sia legittima almeno la nostra richiesta in tempi brevi”.
Nel suo intervento, Parodi ha sottolineato che le leggi le fa il Parlamento, le decide il Governo, ma come tutti gli altri cittadini l’Anm può dire la sua e far valere le sue ragioni. Il riferimento è alla tanto chiacchierata riforma della giustizia made in Nordio, riflettori accesi alla separazione delle carriere, avversata dalla quasi totalità della magistratura associata. Una cosa è certa, lo scontro con l’esecutivo non è archiviato, anzi: “Lo sciopero è stato deliberato, oggi non è stato revocato. Tutto ciò che accadrà nei prossimi giorni sarà condiviso con la Giunta, sicuramente non è stato revocato”.
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Insomma, nonostante le chiacchiere sulla volontà di non ostacolare il governo – quando in realtà ha lavorato come forza di opposizione meglio della sinistra – l’Anm tira dritto e prosegue sulla sua linea. Basti pensare alla sparata di pochi giorni fa di Salvatore Casciaro, ormai ex segretario generale dell’associazione, che ha affermato che “non c’è mai stata negli ultimi 50 anni, forse, una riforma che stravolge radicalmente la fisionomia della nostra Costituzione alterando quelli che sono i rapporti tra i poteri dello Stato e gettando le basi per un possibile condizionamento del potere giudiziario”. Tutte queste polemiche per la separazione delle carriere, che rischia di minare lo status quo caro alle toghe. Queste ultime dimenticano che è proprio la Costituzione a prevedere la possibilità di modifiche e che a metterci la mano non è un pericoloso dittatore estremista, bensì un governo eletto democraticamente. Seguiranno aggiornamenti, ma il governo è avvisato: le toghe non hanno intenzione di restare a guardare…
Franco Lodige, 9 febbraio 2025
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