Torino, l’ipocrisia della sinistra sulla Tav e la bugia Fiat

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Una premessa sulla Tav. Oggi, come cittadino, non sono né Sì Tav, né No Tav. Ero Sì Tav vent’anni fa. Se faranno un referendum popolare, come mi auguro, anche perché è l’unico modo serio per uscire dal cul de sac nel quale i giallo-verdi si sono attorcigliati, voterò Sì Tav, non per ciò che dicono le “Madamin” o i cosiddetti industriali, ma solo perché, con tutta probabilità, a questo punto investimenti e penali si pareggiano.

Mi hanno messo a disagio il comportamento delle leadership locali della Sinistra, che per cinquant’anni, insieme ai loro compari di Fiat e di San Paolo, hanno fatto il bel e il cattivo tempo di Torino (company town), e ora hanno la sfacciataggine di parlare della crisi della città, come se dipendesse dalla Tav. Sono quelli che hanno finto di credere che la Fiat avesse comprato la Chrysler, quindi avrebbe fatto tornare Torino nell’Olimpo delle poche capitali mondiali dell’auto, come lo era stata ai tempi di Vittorio Valletta.

Era un osceno bluff, sia pure ben congegnato, però alla fine la verità è venuta fuori. I cervelli di Fca sono andati nel paese che ci ha messo i quattrini per salvare entrambe le aziende dal fallimento, a Detroit. Come ovvio, là c’è il management di vertice, ci sono quelli che definiscono e implementano obiettivi e strategie (il futuro), ci sono l’innovazione, la progettazione, lo sviluppo prodotto, il marketing, la logistica, il controllo di gestione, l’amministrazione, la finanza. E pure gli stabilimenti strategici.

A Torino sono rimasti, semivuoti, Mirafiori e Grugliasco, e un cimitero di capannoni ex componentistica coperti di erbacce e di lamiere spossate. Se fossi un giovane redattore andrei a intervistare un mondo nascosto, quello degli ex tecnici dello sviluppo prodotto e delle tecnologie di Fiat Auto (molti più di quello che si pensi) che gestiscono con dignità sabauda il loro drammatico declino professionale e umano: da ruoli, soddisfazioni e retribuzioni (Fiat) di 60-80.000 €(/anno ai 30-35 €/ora che ora i Gruppi dell’auto francesi e tedeschi offrono loro per lavori pregiati a prezzi stracciati. Si sono ridotti, e non potevano fare diversamente, a badanti della tecnologia avanzata franco-tedesca. Che tristezza.

Falso che Torino sia divisa a metà, quelli colti e civili proiettati al futuro Sì Tav e i buzzurri che sanno solo dire di no per ignoranza e rabbia ottusa No Tav. Torino è molto più complessa e segmentata di come la fanno la politica, come la raccontano una sociologia d’accatto e una stampa di regime. Certo, c’è il solito 10% che la Grande Crisi del 2007-8 ha reso più ricchi, come il Ceo capitalism impone, c’è un 20% che cerca di stare disperatamente aggrappata a quel 10%, sperando che succeda qualcosa che non li faccia precipitare nella povertà (si aggrappano persino alla Tav, sic!). Questi mantengono sì lo stesso tenore di vita di prima, ma è un trucco: lo ottengono non con il reddito ma distruggendo il loro patrimonio personale. Il rimanente 70% è rappresentato dai cittadini di Torino, esausti e sempre più poveri, che della Tav si disinteressano perché la giudicano per loro ininfluente.

Il corteo delle “Madamin” a novembre e quello di sabato scorso delle “Montagnine” (ironiche e sarcastiche avevano fra loro la sagoma della Pantera rosa, l’ottava “Madamin”) rappresentano due Italia. Le prime impeccabili nel loro look, avevano fatto colazione con i cannoli croccanti di Platti, le seconde dalle guance troppo rosse, la colazione in Valle era stata a base di erborinato dei pascoli alti, però entrambe hanno partecipato a iniziative positive. Soprattutto civili ed educate. Brave!

Ripeto, mi auguro che venga indetto un referendum popolare Piemonte-Liguria (Porto di Genova) e si decida una volta per tutte sulla Tav.

Riccardo Ruggeri, 10 dicembre 2018

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