Nella complicata trama giudiziaria che imbriglia la politica ligure, emerge una nuova piega dopo le elezioni europee, con il governatore Giovanni Toti, recentemente arrestato per accuse di corruzione, al centro dell’attenzione. Questo turno elettorale ha infatti acceso i riflettori sulla legittimità della detenzione domiciliare a cui è sottoposto Toti, spingendo la sua difesa a richiedere una revisione di tale misura.
Il legale di Toti, Stefano Savi, ha formalmente presentato una richiesta di revoca degli arresti domiciliari al Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) di Genova, argomentando che il contesto è sensibilmente mutato con la fine delle elezioni europee. La difesa sostiene che le ragioni preventive, che giustificavano la restrizione per prevenire ulteriori reati, non sussistono più, rendendo la misura cautelare obsoleta.
La decisione iniziale di confinare Toti agli arresti domiciliari era stata influenzata dalla preoccupazione di possibili reiterazioni delittuose e dall’intenzione di salvaguardare l’integrità delle prove. Nell’ordinanza del Gip si leggeva che le esigenze cautelari ricorrevano per “il pericolo attuale e concreto che l’indagato commetta altri gravi reati della stessa specie di quelli per cui si procede e, in particolare, che possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri”.
Va detto che la lista di Toti non si presentava né alle Europee né alle amministrative concomitanti. Le prossime elezioni in Liguria saranno tra un anno e mezzo ma per i legali del governatore è impensabile che i giudici possano voler tenere così a lungo il presidente ai domiciliari (sarebbe una detenzione più lunga di quella di Ilaria Salis in Ungheria). Se così fosse, dice Savi, la sospensione dalla funzione di presidente legata alla misura cautelare andrebbe a connotarsi come una vera e propria decadenza, non prevista dalla legge proprio per tutelare la volontà popolare espressa con libere elezioni”.
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La linea difensiva si è inoltre concentrata sulla legittimità della condotta finanziaria di Toti, enfatizzando la completa trasparenza e il rispetto delle normative nella gestione delle campagne elettorali e delle attività politiche. Attraverso un’accurata documentazione delle transazioni finanziarie, la difesa ha cercato di dimostrare l’assenza di coinvolgimento del governatore in qualsiasi presunto sistema di corruzione. “La sistematica e meticolosa registrazione di ogni movimento di denaro da parte dei movimenti facenti capo a Giovanni Toti – si legge nella nota dei legali – senza alcun artificio volto a celarne tempistica e provenienza, dimostra, la volontà di seguire pedissequamente il percorso normativo stabilito dalla legge per le elargizioni liberali”.
Savi ha invocato il principio di equilibrio tra le esigenze procedurali e la tutela della volontà espressa dagli elettori, sottolineando come una misura cautelare eccessiva possa lesionare le dinamiche amministrative della Regione Liguria, privandola di una guida democraticamente scelta.
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