Nei giorni scorsi è successa una cosa incredibile. Durante l’interrogatorio di Roberto Spinelli, al figlio di Aldo è stata posta una domanda su che tipo di finanziamenti avesse ricevuto Giovanni Toti. Spinelli risponde che i fondi elargiti al governatore della Liguria erano “finanziamenti leciti”. Tutto limpido e chiaro.
Improvvisamente però una manina -evidentemente solo elettronica- ha fatto sì che nel verbale, poi prontamente passato ai giornali, la parola “leciti” venisse cambiata in “illeciti”. Spinelli junior, accortosi di questa incredibile manomissione della sua testimonianza, dopo poche ore manda la sua rettifica via pec. E oggi, dopo un’udienza lampo nell’ufficio della giudice Paola Faggioni, i legali Sandro Vaccaro e Andrea Vernazza, insieme ai pm Luca Monteverde e Federico Manotti, hanno convenuto che l’imprenditore ha utilizzato il termine “leciti”. Dunque il verbale verrà modificato.
Ma come è stato possibile un errore simile? Era davvero impossibile notare l’errore prima di mettere il verbale agli atti?
L’audio che vi facciamo sentire in esclusiva è quello di cui si è parlato questa mattina davanti ai giudice. La frase è limpida. Chiara. Inequivocabile. Eppure è stata “modificata” chissà come.
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Qualcuno oggi dovrebbe chiedere scusa. In particolare tutti quei giornali che hanno parlato di finanziamenti illeciti. Questo dimostra peraltro quanto sia pericoloso affidarsi ad una lettura superficiale della trascrizione delle intercettazioni, che sono ben più delicate di un verbale di un interrogatorio realizzato in una stanza chiusa. Perché le intercettazioni avvengono in luoghi rumorosi, spesso captano mezze frasi, con toni che vanno interpretati e studiati. Invece, spesso e volentieri, frasi estrapolate dal contesto vengono sbattute sulle carte dell’accusa e possono essere manipolabili, diciamo così, anche involontariamente. Da chiunque.
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