Toti intercettato per anni, server dei pm stracolmi. Vi pare normale?

Quasi 20 terabyte di materiale. L’ex presidente ascoltato giorno e notte nel suo ufficio. L’archivio digitale utilizzato sarà esterno

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toti indagine

Il punto è che se per tre anni intercetti una persona notte e giorno, giorno e notte, ascoltando le sue riunioni, i suoi scherzi, le sue battute al telefono, ipotesi di politiche da mettere in atto, dialoghi con gli imprenditori e i rappresentanti dei vari settori economici o sociali… beh: anche Padre Pio rischierebbe di finire indagato. L’inchiesta di Genova che ha costretto Giovanni Toti alle dimissioni, oltre che per le assurde motivazioni che lo hanno tenuto per mesi ai domiciliari, sorprende anche per un’altra non indifferente questione: il volume di dati che la procura ha registrato intercettando l’ex governatore dall’agosto del 2021 fino alla fine del 2023. Intercettazioni telefoniche, ovviamente. Ma non solo. I pm avevano piazzato delle cimici video anche nell’ufficio dell’ex presidente catturando materiale auto e video h24, accumulando così migliaia di ore di registrazione.

Di tutto il materiale raccolto, tuttavia, soltanto una parte è stata giudicata pertinente dall’accusa e, di conseguenza, inclusa nel fascicolo dell’indagine. Le stime della Repubblica di Genova parlano di un totale di circa venti terabyte di dati. La fase di selezione del materiale, affidata alla polizia giudiziaria, si è rivelata fondamentale per rendere la mole di informazioni gestibile. Ciò nonostante, in vista del processo che inizierà a novembre, emerge la necessità da parte della Procura di rendere accessibili alla difesa anche i dati inizialmente considerati irrilevanti, per assicurare una difesa completa e il rispetto della privacy.

Le difese, di fronte a una quantità così imponente di dati, si trovano ad affrontare non poche difficoltà, richiedendo più tempo per un’analisi dettagliata del materiale. Non basterebbero i 15 giorni previsti per rivedersi tutto. Un’ulteriore complicazione è data dalla mancanza di un ordine cronologico nel modo in cui i dati sono archiviati e dall’impossibilità di effettuare ricerche per parole chiave, fattori che complicano notevolmente il lavoro degli avvocati. Non solo. La gestione dei dati raccolti si presenta come una sfida logistica significativa: lo spazio di archiviazione della procura non basta, dunque il materiale verrà messo a disposizione direttamente dai server esterni forniti dalle società che hanno realizzato le intercettazioni, consultabili attraverso tre postazioni video appositamente realizzate.

Ora, voi direte: perché ascoltarsi 20 terabyte di registrazione quando ci sono i resoconti della polizia giudiziaria e i tagli effettuati dalla procura? Ripercorrere tutto significa buttare via infinite ore di tempo tra momenti di nulla assoluto e conversazioni totalmente ininfluenti. Beh: un motivo c’è. Che fidarsi dei pm è bene, ma non fidarsi è meglio. Perché ciò che può apparire “ininfluente” a un magistrato per scagionare l’imputato può apparire più che utile agli avvocati per farlo assolvere. Non è la prima volta che accade, anche in questa indagine, di scovare errori e ricostruzioni falsate. Ricordate? In un verbale del figlio di Aldo Spinelli, Roberto, la procura aveva riportato la frase “Toti voleva finanziamenti illeciti” mentre l’interrogato aveva chiaramente affermato “leciti”. Per fortuna gli avvocati se ne sono accorti, altrimenti sai che patatrac. Senza contare che spesso il contesto, i toni utilizzati e le espressioni delle persone coinvolte possono modificare, e non di poco, la lettura dei fatti. Ecco spiegato perché è necessario per la difesa rivedere passo passo tutto quello che i magistrati hanno catturato, selezionare spezzoni, segnalarli alla procura e chiedere al giudice di acquisirne una copia per il processo.

L’indagine, lo ricordiamo, ha origine da sospetti di corruzione aggravata e connessioni mafiose, emergenti da un’inchiesta parallela condotta dalla Procura di La Spezia nel 2020. Sebbene Toti non sia mai stato direttamente accusato di questioni che riguardano la mafia, bensì il suo capo di gabinetto Matteo Cozzani, questo ha comunque permesso ai magistrati genovesi di giustificare l’ampiezza e l’invasività delle operazioni di sorveglianza messe in atto.

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