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Tra bagno di sangue e deterrenza: Usa e Ue trattano sui dazi

Bruxelles rimanda l’entrata in vigore di alcune tariffe. Meloni: “Serve prudenza, occhio alle conseguenze”

Trump Ursula © STILLFX, P_Wei e forgiss tramite Canva.com
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Clima di alta tensione tra Usa e Ue sui dazi, ma per il momento prevale il dialogo. La mossa sbagliatissima di Donald Trump di imporre imposte per il momento ha soltanto un effetto deterrente, ma i timori – comprensibilmente – non vengono meno. Bruxelles ha deciso di tenere la barra dritta, ma ieri ha tenuto a lanciare un messaggio a Washington: la Commissione europea ha infatti fatto sapere che rimanderà dall’1 al 13 aprile l’entrata in vigore di alcuni dazi sulle merci statunitensi importante dai Paesi europei.

Entrando nel dettaglio, si tratta di tariffe decise in risposta a quelle ordinate dall’amministrazione di Trump su acciaio e alluminio importati dagli Stati Uniti. Il rinvio è mirato a valutare meglio la lista di beni su cui imporre imposte, ma non solo: la priorità dei funzionari europei è guadagnare più tempo per tentare di trovare un accordo con i colleghi a stelle e strisce per ridurre, sospendere o persino cancellare i dazi reciproci.

“Alla luce del recente annuncio che gli Stati Uniti stanno pianificando di introdurre dazi aggiuntivi il 2 aprile  stiamo ora valutando di allineare i tempi delle due serie di contromisure Ue”, la riattivazione di quelle già adottate e poi sospese e quelle nuove, “in modo da poter consultare contemporaneamente gli Stati membri su entrambe le liste” ha spiegato il commissario al Commercio Maros Sefcovic in audizione in commissione al Parlamento Europeo. Il membro del governo europeo ha evidenziato che questa mossa “ci darà anche più tempo per i negoziati per cercare di trovare una soluzione reciprocamente accettabile”.

Intervenuta ai microfoni dei cronisti al termine del consiglio europeo, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha confermato che sono attive discussioni con la Casa Bianca. Ma, malgrado lo slittamento temporale, “l’impatto della nostra risposta non cambia, arriva a scambi per 26 miliardi  di euro, equivalenti ai 28 miliardi di dollari dell’impatto che i dazi Usa avrebbero su di noi”. Lo slittamento a metà aprile dell’entrata in vigore della riattivazione delle vecchie contromisure “serve anche a trovare il giusto equilibrio tra i prodotti, riflettendo gli interessi dei nostri produttori e consumatori”. L’Ue è contraria alle imposte, ha precisato l’ex ministro della Difesa di Berlino, e l’obiettivo è quello di raggiungere un’intesa con gli Usa per scongiurare il peggio.

Un obiettivo condiviso da Giorgia Meloni, che ha posto l’accento sulle “conseguenze” che potrebbero essere preoccupanti: “Secondo me bisogna essere un po’ prudenti in una risposta automatica, perché sono preoccupata dalle conseguenze e l’ho spiegato. I dazi producono una spinta inflattiva, una spinta inflattiva può portare all’aumento dei tassi della Banca Centrale Europea, se aumentano i tassi la crescita si comprime”.

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La corsa contro il tempo è iniziata e l’Italia osserva con la giusta dose di timore. I numeri parlano chiaro: Roma rischia grosso. Come evidenizato dal Messaggero, se l’amministrazione Trump applicasse i dazi sull’acciaio e alluminio, le perdite per l’Italia potrebbero superare i due miliardi di euro. E non è tutto. Il rischio aumenta se, come sembra, i vini italiani finissero nel mirino con dazi che potrebbero arrivare fino al 200 per cento.

Ieri il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha incontrato a Bruxelles il già citato commissario Sefcovic per discutere la risposta all’aggressiva politica commerciale americana. Il governo italiano sta cercando di evitare la rappresaglia americana, soprattutto contro il whiskey, che potrebbe scatenare un effetto domino sulle esportazioni di vini italiani. L’industria vinicola è particolarmente vulnerabile: i dazi del 200 per cento sarebbero devastanti. La diplomazia italiana, con il supporto dell’Ue, ha cercato di trattare direttamente con Washington, ma le aspettative non sono rosee. Le controversie sulla tassa digitale di Bruxelles, che colpisce le Big Tech americane, sono un altro punto di scontro.

Nonostante le difficoltà, il governo italiano spera di trovare un accordo che possa ridurre i danni. A Roma, però, si teme che l’Europa possa non riuscire a evitare il peggior scenario, con stime che indicano danni tra i 54 e gli 88 miliardi di euro per l’UE, di cui circa 7 miliardi solo per l’Italia. La partita con Trump, d’altronde, è sempre incerta: come sottolineato da Palazzo Chigi, “la palla è nel vostro campo”.

Tutto è in rapida evoluzione. Come testimoniato da quanto accaduto con altri Paesi, Trump sembra voler utilizzare i dazi come minaccia in fase di trattativa. Un approccio muscolare potrebbe portare al muro contro muro: il dialogo rappresenta la via perfetta per raggiungere la fumata bianca ed evitare inutili e folle guerre economiche tra Paesi amici. Soprattutto se questo conflitto a colpi di imposte rischia di penalizzare l’Italia in maniera così grave.

Franco Lodige, 21 marzo 2025

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